Sull’addio a Monicelli,mi risponde di nuovo il mio amico scrittore dicendo:
Concordo su tutto. E' un bel pezzo, lucido e affettuoso. Mi piacerebbe soltanto aggiungere che la sua capacità di osservazione era più rivolta a ciò che c'è dentro o dietro l'uomo, piuttosto che alle sue manifestazioni così dette comportamentali/sociali. Il suo falso cinismo a me è sempre parso più come un'indulgenza, com'è quella di un padre che vorrebbe di più da suo figlio e che per questo lo prende a scapaccioni, rintuzzando l'istinto di abbracciarlo teneramente.
Lo intervistai nell'86 per Paese Sera, ai tempi di Speriamo che sia Femmina. Andò più o meno così:
Attacco essenziale tendente allo scorbutico. Si siede dove vuole (eravamo in un albergone di Firenze, di quelli belli andanti senza carattere e identità). Prende a girarsi gli occhiali fra le mani. Mi guarda come dire..." e allora di che dobbiamo parlare?" Lo frego con un domanda scontata ma forse posta in maniera imprevedibile del tipo " Ho sempre avuto la sensazione che Vittorio Gassman le stesse un po’ indigesto" Lui sorride e prende a parlarmi di Brancaleone con un piacere che se non lo avessi fermato saremmo ancora a ragionarci. Poi tutto semplice, sciolto. Bell'articolo che dovrei avere ancora da qualche parte nei miei vecchi cartacei di vanagloriosa conservazione.
La percezione di lui. Credo soffrisse di un grande fastidio per il prossimo e di una grande tenerezza per lo stesso. Stretto fra due opposti. Come una pietra solitaria con dentro un cuore giovane e bisognoso.
LEONARDO CASTELLUCCI
LEONARDO CASTELLUCCI
Niente da ridire anche se sul fastidio sono certo, sulla tenerezza un po’ meno,ma probabilmente hai ragione tu.
Se ci riesci,riesuma quell’intervista e mandamela, che potrebbe essere interessante e sicuramente mi incuriosisce.


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