mercoledì 3 novembre 2010

LA PET

Sono andato a fare il controllo semestrale per il cancro a Bologna, perché a Roma, la capitale d’Italia, ho avuto troppe difficoltà per trovare chi lo eseguiva e poi, per avere un appuntamento in tempi accettabili, sin dalla prima volta e perciò ho continuato con Bologna, anche per essere certo che i valori fossero sicuramente comparabili.
Si tratta della PET che poi sarebbe una TAC molto più precisa e con un mezzo di contrasto specifico per la mia malattia.
Sinceramente avevo riposto molte speranze sull’esito, confidando che se fosse stato negativo che poi vorrebbe dire che è positivo e che le cose vanno bene, forse l’oncologo mi avrebbe sospeso o almeno indicato dei tempi di sospensione, della cura ormonale che sto facendo da quasi un anno e che, secondo me, mi sta creando i problemi maggiori, uno stato fisico molto debole e un ingrassamento anomalo per la mia natura.
Già dall’esordio, avrete capito che il risultato non è stato proprio quello che speravo, anche se, sulla reale gravità, dovrò comunque sentire il medico.
Certo,che per continuare la cura ormonale, dovrei cambiare gusti,ma a quest’età è piuttosto improbabile,perchè , oltre a provocarmi le cose che ho già detto, mi ha fatto crescere il seno, un bel seno, direi una prima misura abbondante, bella soda, che non necessita neanche di reggiseno, ma in compenso fa veramente male e oltre a non poterlo neanche sfiorare, mi sono impedite alcune mosse che se le faccio mi sento come strappare il petto.
In più sono ingrassato di oltre quindici chili, che per uno che è stato magro tutta la vita è un’esperienza non solo nuova ma anche curiosa e parecchio scomoda,visto che è come portarsi sulle spalle un bambino per tutto il giorno.
Giacché, per scelta di vita, odio i luoghi comuni, potrei inventarmi: grassezza, mezza bellezza, dimenticandomi che la frase non ha alcun senso almeno quanto quasi tutte le altre di questo tipo, che si dicono continuamente, ma arrivati a questo punto, che importanza ha?
Il primo inconveniente pratico che ho dovuto subire è che sono stato costretto a ricomprare tutti i pantaloni, perché avendo prima lo stomaco piatto e la vita sottile,di quelli che avevo, non me ne entrava più neanche uno.
Da qui, un altro problema, cambiare stile nel vestire o affidarmi a un sarto, perché dei pantaloni confezionati mi stanno solo quelli che portano i ragazzini, con la vita bassissima, stile jeans e in più mi sono dovuto affidare alle bretelle anziché alla cinta perché qualsiasi capo mi calava e voi capite che la cosa poteva essere spiacevole e magari un po’ “disonorevole”.
Andare in giro con un bel seno, tondo e con i calzoni calati, poteva essere ambiguo e magari essere male interpretato. Meno male che mi sono fatto crescere la barba, perché non si sa mai chi puoi incontrare e considerando che il cattivo  gusto impera, magari potevo trovare anche qualche ammiratore, ci mancherebbe pure! Io sono una persona seria!!!????
Sinceramente in questo momento a tutto penso meno che ad avventure sentimentali o di sesso, specie con uomini.
Sono felicemente sposato e ci devono solo provare ad attentare alla mia virtù.(Hehehehe).
In aggiunta mi sono anche dovuto rassegnare a tornare indietro di una cinquantina di anni e comprare pantaloni senza chiusura lampo ma con i bottoni.
Pare che la moda dei ragazzi preveda questo.
Per un uomo della mia età è una cosa abbastanza fastidiosa, considerando il tempo necessario per aprire la patta, che può creare problemi abbastanza spiacevoli soprattutto perché non ho visibilità nelle parti basse,visto che la mia pancia si frappone tra gli occhi e quella parte del corpo a cui ho sempre tenuto molto.
Ci abbiamo messo anni per avere le chiusure lampo che veramente sarebbero una cosa utile,mi piacerebbe conoscere il motivo per il quale lo stilista o la fabbrica si è inventata di tornare indietro. Assomiglia molto a quando ci chiediamo perché il buon Dio ha inventato le zanzare.
Meglio lasciar perdere.
Però riflettendo sulla mia situazione,direi che la legge del contrappasso è spesso spietata e puntualissima, se penso alle volte che ho scherzato, sia pure bonariamente, da ragazzo, sul pancione di alcuni parenti anziani.
Meglio riderci sopra, perché se mi avessero detto tre anni fa che sarei stato così, non ci avrei creduto per nessuna ragione fino a passare alle vie di fatto con l’incauto che avesse insistito nell’infausta previsione.  
In fondo,però, sono tutte esperienze che nessuno può dire se siano così negative come potrebbero sembrare a prima vista. Anche se mi sto sforzando di capire che altro di peggio potrebbe succedermi.
Magari se non mi fossi ammalato, mi sarei messo in un guaio molto più serio, chissà.
Ancora non è detta quale sarà la mia fine, come proseguirà la vita che mi resta e quanta me ne rimane.
Credo che, per me, sia giusto vivere giorno per giorno e cercare di sfruttarlo al meglio che posso, cercando di non sprecarne neanche un minuto, agendo come se quello fosse l’ultimo e poi magari vivrò sino a cent’anni, perché le sorprese sono sempre dietro ogni porta e proprio lì sta il bello.
Belle frasi non c’è che dire. Sembrano giuste,in teoria,concretamente però le cose appaiono diverse.
Questo è quello che normalmente penso, dico e scrivo,poi ci sono momenti in cui la realtà mi colpisce più concretamente e non ne sono più tanto sicuro.
Se si vogliono considerare vita le giornate che passo da un po’ di tempo a questa parte, magari varrà pure la pena di non sprecarne neanche un minuto,ma visto che sono tutti uguali o quasi, mi riuscirebbe difficile scegliere quali salvare per primi.
Nella realtà darei tutto il tempo che mi resta, per avere sei mesi nelle condizioni di prima del diluvio.
In questo caso, tanto per sognare un po’, andrebbe bene qualsiasi guaio mi capitasse. Sarebbe sicuramente ben accetto.
Sento parlare e scrivere di gente che vive da anni con il cancro o a causa del quale è appena morta.
La frase ricorrente è che hanno combattuto sino alla fine con la malattia,perché la parola cancro si ha il pudore di pronunciarla. Chissà perché?
Sinceramente combattere,in questo caso, non so bene cosa significhi veramente.
Che non si sono suicidati? Che non sono andati in depressione lasciandogli via libera? Che hanno continuato a curarsi,sino all’ultimo?
A pugni o a lotta libera con il cancro non ci si può fare. Almeno io, non ci riesco.
Uno cerca di tirare avanti, facendo quello che ti dicono i dottori,spesso avendo molti dubbi che quello che fai ti porterà a guarigione e soprattutto che ti sarà concessa ancora una vita accettabile.
Le perplessità ci sono sempre, soprattutto sul fatto che valga o no la pena di fare tutto questo, considerando che di solito le condizioni non fanno che peggiorare e si comincia a pensare: se non faccio niente magari, un po’ di tempo davanti ce l’ho in una situazione ancora accettabile e poi quel che sarà, sarà.
Insomma quando ti lasci andare a pensare solo basandoti sull’oggettività, per quanto ti sforzi, l’ottimismo viene un po’ meno, ti rendi conto che da quando è iniziato tutto, non c’è stato un giorno nel quale ti sei sentito meglio del precedente anzi,piuttosto il contrario, anche quando i medici ti dicono che stai migliorando.
Che, malgrado tutte le assicurazioni, non puoi contare più su un futuro, come tutti del resto,ma per te si tratta di una cosa molto più tangibile e concreta e che quello che ti resta, poco o tanto che sia, è molto probabile che non sarà particolarmente piacevole.
Allora perché tenere duro, perché “combattere” contro il cancro”?
Un po’ perché non sono portato per carattere ad accettare la sconfitta e a lasciare che le cose mi capitino senza intervenire.
Finché sarò vivo, sono mio e non permetterò a niente e a nessuno di decidere della mia vita,e lotterò contro chiunque si intrometta,compreso il cancro, anche se questo dovesse costarmi una grande pena.
Tutta la mia storia dimostra questo e negli anni certe scelte in questo senso, mi sono già costate abbastanza.
Magari non quanto mi costerà combattere il tumore e non lasciarmi sopraffare, ma si tratta di scelte e anche di natura e di carattere che non si modificano se il rischio è maggiore o la sofferenza inimmaginabile.
Sono nato così e mi sono rafforzato con il passare degli anni all’interno di queste convinzioni,rendendomi conto che per me non c’è altro modo di vivere,di concepire la vita.
Non sono mai stato condiscendente neanche da giovanissimo e questo mi ha portato dove sono e ad essere come sono ora.
Dire che tengo duro anche per le persone che mi vogliono bene e mi stanno vicino,anzi direi la persona, è talmente scontato che non varrebbe la pena neanche di dirlo,resta il fatto,però,che se non fossi come sono, probabilmente mollerei lo stesso.
Quando ti capita una cosa del genere puoi essere circondato da tutto l’amore del mondo che ti venga dimostrato in tutte le circostanze,ti sembra lo stesso di non esserti mai sentito così solo.
Tutte le dimostrazioni di affetto fanno naturalmente molto piacere e guai se non ci fossero,ma questa è una cosa che non puoi condividere con nessuno.
Si cerca di parlarne,di coinvolgere chi ti ama e sicuramente loro si sentono partecipi,ma tu continui a sentire che solo tu ti puoi veramente aiutare a sopravvivere e mantenere o a trovare quella serenità e anche quella forza, che ti aiuta ad accettare la situazione e a combatterla.
Ma direi di smetterla,perché anche ora,come sempre, preferisco parlare di cose allegre o comunque leggere, soavi,carezzevoli, e questo argomento non fa parte di queste categorie anche volendo affrontarlo ironicamente.
C’è una cosa fastidiosa e ricorrente che succede incontrando le persone che sanno del tuo male,è quello che Petrolini, ormai molto malato, raccontava e cioè che era stufo di avere accanto sempre un certo sig. D’Aspetto che stava tanto bene al contrario di lui.
Quello che mi preme ancora precisare è che almeno dal mio punto di vista far passare come eroi le persone che hanno o hanno avuto il cancro, mi sembra comprensibile da un punto di vista umanitario e per il fatto che c’è sempre una parte di paura che potrebbe capitare a noi,ma è come dire che è un eroe qualunque malato di una qualsiasi malattia grave e mortale.
Adesso che ci sono dentro anche io,vi posso dire,senza voler generalizzare troppo, che soprattutto si cerca di tirare avanti,il meglio che si può e che gli atti di coraggio possibili sono veramente pochi, per non dire nulli.
La malattia sicuramente non fa l’uomo. Magari ti cambia la vita,ma quello che eri prima, resti anche dopo, nel bene e nel male.
Dopo il primo sbigottimento,perché nessuno si aspetta mai che possa capitare a lui,ti cominci ad attrezzare per diventare un ex malato grave o un perfetto trapassato.

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