giovedì 10 febbraio 2011

UNA LUNGA STORIA CAPITOLO 1

Oggi mi è venuto “l’uzzolo” di iniziare a raccontare a puntate sessantacinque anni di vita…..La mia.
Non tanto perché pensi che possa interessare più di tanto degli estranei e forse neanche molti amici o familiari,quanto per sottolineare, raccontando vicende personali,come sia cambiata l’Italia in questi anni. Un limitato affresco storico di una nazione e di una generazione che qualcosa di buono ha pur fatto, in mezzo a tanti sbagli.
Non penso minimamente che la mia vita e quella di chi ho incrociato negli anni,possa costituire uno stereotipo in assoluto o rappresentare l’italiano medio.
Quando penso a me non mi sfiora mai l’idea di medio,meglio pessimo che medio,ma  credo che valga la pena di pubblicare una cosa del genere perché, senza avere la pretesa di storicizzare un periodo,spero che qualcuno ci si riconosca o che chiarisca meglio, raccontando cose di vita pratica, come erano quegli anni, ai giovani che non li possono aver vissuti e al massimo ne possono aver sentito parlare.
Se qualcuno ne sarà interessato e lo leggerà non potrò che esserne contento, se non sarà così,lo sarò lo stesso, perché fermare su carta avvenimenti nascosti in angolini della memoria,oltre che istruttivo è anche terapeutico. Buona lettura……mi auguro.


UNA LUNGA STORIA
CAPITOLO 1

Siamo una coppia romana di 62 e 65 anni,sposati da 37 anni,insieme da oltre 40, anzi sposati due volte,la prima civilmente e dopo 30 anni in chiesa.
Nella nostra vita,ormai abbastanza lunga, abbiamo attraversato tutto il dopo guerra italiano, la vita di una nazione veramente povera, il cosiddetto boom economico,gli anni di piombo,tangentopoli e la misteriosa,almeno per me,seconda repubblica,ma devo dire che la sensazione è che il tempo sia volato ed alcuni avvenimenti li ricordo come fossero successi ieri. Spesso la lunghezza della vita si misura nel numero di Papi visti; a noi ne sono toccati sei,fino ad ora, che non sono pochi.
Negli ultimi tre anni e più,invece il tempo è passato molto più lentamente,ma questa  è la mia seconda vita,la prima è finita a 62 anni il 4/10/2007.
Della prima non posso lamentarmi,ho avuto parecchi problemi e qualche dolore,come la maggior parte della gente,ma anche parecchie soddisfazioni e spero di non scontare tutto d’ora in poi.
Ricordo come fosse ieri, come ci siamo conosciuti.
Era l’estate del1967 a Civitavecchia. Ero lì in villeggiatura con mio padre, la sua nuova compagna ed i figli di  lei. C’era appena stata una separazione tra i miei genitori nella quale usare,come motivazione, le parole crudeltà mentale, prese alla lettera, rende bene l’idea,ma non è sufficiente,si trattò di una distruzione morale e totale di loro due e di entrambi i figli, mio fratello Daniele che aveva 11 anni ed io che ne avevo 20, questo alla fine, perché la cosa è andata avanti per diversi anni prima che si decidessero a lasciarsi.
Immaginate tutto quello che potete sentire da uno strizza cervelli, da uno psicologo o da un qualsiasi opinionista televisivo,quanto di più scontato si possa dire su come portare avanti una separazione senza coinvolgere i figli, proteggendoli,cercando di tenerli il più possibile a riparo da avvenimenti che comunque li coinvolgono sentimentalmente.
Per maggiore precisione parlo delle  frasi più banali che si possano immaginare. Ebbene loro non ci  hanno risparmiato niente di quello che non si dovrebbe fare;a me che ero grande coinvolgendomi direttamente ,a Daniele,mio fratello, facendolo assistere a tutto,malgrado andasse particolarmente protetto,come poi si vedrà successivamente.
Eppure si trattava di due persone piene di difetti,ma nessuna delle due stupida o cattiva, l’unica  giustificazione è che avendo perso completamente la testa,non fossero più in grado di vedere le cose con lucidità e che ripicca chiama ripicca all’infinito.
Ma tornando alla vacanza,quell’anno mio padre scelse Civitavecchia perché a S. Marinella dove siamo andati per anni con mamma,ci conoscevano tutti e voleva evitare chiacchiere e commenti vari.
La vacanza,come del resto, anche gli anni precedenti, a quell’epoca prevedeva l’affitto di piccoli appartamenti dove si faceva del tutto per entrarci tutti e la donna di casa pensava al resto,niente alberghi e niente ristoranti, almeno per la classe media.
Comunque il mio stato d’animo quell’estate e non solo, perché durò per diversi anni, non era proprio particolarmente allegro.
Ero introverso a livelli patologici,polemico, testardo, tutto rinchiuso nel mio guscio senza lasciare spiragli all’esterno per nessuno.
Unica eccezione,mi sono sempre piaciute molto le donne, l’unica apertura era per loro e in quel periodo ragionavo come un collezionista, non mi interessava minimamente il rapporto umano o la curiosità di scoprire una persona nuova.
Ero interessato solo a collezionare più donne possibili, da un lato mi maceravo all’interno sui valori della vita,sul giusto e l’ingiusto e dall’altro non potevo essere più materialista e insensibile. Colpa dell’età? Forse.
Così avevo un  rapporto molto platonico con una vicina dell’appartamento affittato da noi per l’estate, una ragazza abbastanza carina di un paesetto intorno a Roma,che non ho più visto e con la quale, a parte qualche bacetto, non ci scappò niente di concreto,la classica brava  ragazza di provincia che vuole essere sposata prima di andare sul concreto.
Proprio il tipo di ragazza che all’epoca rifuggivo come la peste, salvo passarci un po’ di tempo, quando non avevo altri impegni, ben sapendo che finita la vacanza non l’avrei più rivista.
Nel frattempo ero entrato in una compagnia conosciuta al mare e formata da quasi tutte donne e qualche ragazzino,per lo più parente e più piccolo di noi. La capogruppo era una ragazza mia coetanea, di famiglia palesemente benestante, piuttosto carina e smaliziata, di nome Laura.
Il primo approccio al mare fu loro,non ricordo da parte di chi,in quanto all’epoca pur non essendo timido, avevo difficoltà a fare il primo passo e puntavo tutto sull’aspetto fisico che effettivamente, era gradevole,anzi, senza falsa modestia, ero piuttosto bello e su un  atteggiamento da bel “tenebroso”, da uomo vissuto che non ha tempo da perdere con i ragazzini o le ragazzine, ha altro a cui pensare.
Ripensandoci adesso dovevo essere proprio buffo e un po’ ridicolo, ma evidentemente loro non se ne accorgevano e tanto meno io.
Insomma cominciai a frequentare assiduamente Laura e le sue amiche sia la mattina al mare che il pomeriggio nella villa di lei che si trovava nella campagna  immersa nel verde a poche centinaia di metri dal mare e nella quale era sola in quanto i genitori, non ricordo se erano a Roma per lavoro o se avevano scelto un altro posto per le ferie, non c’erano mai.
Nella compagnia, tra le amiche di Laura, c’era una ragazza di nome Carla, giovane e un po’ sempliciotta, ma forse nessuno di noi era particolarmente sveglio a quell’epoca e di quella generazione.
Era un tipo po’ in carne anche se non grassa e non perdeva occasione per mostrare interesse per me in tutti i modi.
Io non so se questo interesse fosse autentico o se la stuzzicasse l’idea di mettersi con un nuovo ragazzo prima che lo facesse Laura. Non lo sapevo e sinceramente neanche mi interessava, né, tanto meno, mi interessa adesso.
Fatto sta che facendomi prestare la macchina da mio padre, un pomeriggio ci uscii insieme.
Girammo parecchio per trovare un posto abbastanza riservato, perché a quei tempi si poteva ancora fare, senza rischiare di essere aggrediti e violentati, ed alla fine finimmo per trovarlo anche se sotto il sole con un caldo insopportabile.
Dopo un po’ di chiacchiere inutili,  delle quali non ci importava niente a nessuno dei due, iniziammo a toccarci e baciarci sino a che, nell’infilarle una mano sotto la gonna, mi resi conto che c’era qualcosa di strano.
Guardando bene, vidi che indossava, sopra un paio di mutande normali, un altro paio di plastica aderentissime, tanto che davano l’idea che per sfilarle ci sarebbe voluta una particolare specializzazione.
  •  Ma che sono? 
  •  Sono per dimagrire,disse Carla, se  vuoi  le  levo,       iniziando a farlo. 
  • No, no, lascia perdere,non importa,mi affrettai a dire, avendo iniziato a sentire l’odore di sudore che proveniva da sotto quella specie di cintura di castità.
La cosa proseguì con un po’ di coccole il più sbrigative possibili e con un veloce rientro a casa,con la promessa di rivederci al più presto, nella quale, chiaramente, nessuno dei due credeva.
Pensavo che la nostra uscita sarebbe stata trattata con discrezione, mentre le amiche lo sapevano tutte e il giorno dopo a casa di Laura,assente Carla, sono stato messo sotto interrogatorio per sapere come era andata tra noi e devo dire che non mi sono fatto pregare per raccontare delle mutande di plastica ( all’epoca ero un vero  gentiluomo….) e da allora in poi, le ragazze l’hanno presa in giro per tutto il tempo che le ho frequentate e sinceramente mi ha fatto pena e mi sono sentito un po’ colpevole, anche se non molto.
Comunque l’episodio,ragionando con il senno del poi,deve aver stuzzicato l’interesse di Laura verso di me, perché ha intensificato gli inviti nei pomeriggi a casa sua, fino a che, durante uno di questi, mi ha fatto salire al piano di sopra nella sua camera da letto nella quale ho avuto uno dei primi rapporti sessuali completi della mia vita.
In pratica ha fatto tutto lei,in quanto, malgrado l’atteggiamento da grande amatore che lasciavo intendere, ero ancora particolarmente imbranato e spesso non sapevo cosa fare. Sino a che si trattava di pomiciare anche in modo particolarmente approfondito,tutto bene, ma come si passava al sesso vero ero ancora troppo inesperto.
In ogni caso, non fu una cosa memorabile neanche per me.
E tanto per avvalorare quanto detto, quello fu l’unico rapporto avuto con Laura, senza né addii,né spiegazioni, pur frequentandola ancora saltuariamente sino alla fine della vacanza,malgrado io avrei anche voluto ma, evidentemente lei, no.
Insieme alla nuova compagna di mio padre in villeggiatura era venuto il figlio più grande di lei che era leggermente più piccolo di me di circa 3 anni,Silvano, un ragazzone dal carattere mite e anche lui a perenne caccia di femmine.
Pur abitando insieme non lo frequentavo abitualmente, un po’ perché lo consideravo un ragazzino e un po’ perché era pur sempre il figlio della rivale di mia madre e, anche se inconsciamente, non mi sentivo portato a rapporti più stretti, malgrado  lui non ne avesse nessuna colpa e si fosse sempre dimostrato molto affettuoso verso di me.
Andava spesso al mare in uno stabilimento, il Grotta Aurelia, che si trovava abbastanza vicino a casa nostra,mentre io andavo insieme alla mia nuova compagnia al Piccolo Paradiso distante circa 1 km., all’altezza della casa di Laura e che veniva ritenuto da noi un po’ più di élite, meglio frequentato anche se non so quanto fosse vero. 
Un po’ perché mi annoiavo a sentire le chiacchiere tra le ragazze, un po’ perché non riuscivo e neanche mi andava di sollecitare io la conversazione, tutte le mattine a un certo punto mi tuffavo in mare e nuotavo con grande facilità da uno stabilimento all’altro, andata e ritorno,(bei tempi all’epoca non sentivo nessuna fatica) ed una mattina, facendo la solita cosa, trovai Silvano sugli scogli con un po’ di gente intorno ma soprattutto una ragazza molto giovane che non avevo mai visto.
  • Ti presento un’amica, Rita; 
  • Piacere; 
  • Piacere;
La ragazza era molto carina con tutte le sue cosine al posto giusto,un viso irregolare,interessante ma quello che colpiva di più erano gli occhi di un verde intenso, molto espressivi,occhi buoni ma anche curiosi, furbetti in qualche espressione,in ogni caso ci si leggeva palesemente dentro un’anima desiderosa di venire fuori per farsi conoscere.
E poi il sorriso, l’allegria, la netta sensazione che per lei  la vita era bella,così, anche senza motivo.
Vi chiederete come abbia fatto a vedere tutto questo in pochi minuti,ma vi assicuro che era così lampante, che non è stato difficile, malgrado a quell’età non è che fossi così intuitivo,si è trattato di leggere come in un libro aperto, che non so  se sia stato facilitato dall’interesse dimostrato subito da parte sua verso di me o se, la sua apertura verso il prossimo, fosse per chiunque avesse la capacità di recepirla.
Bisogna tener presente che avere 19 anni a quell’epoca, a differenza di oggi, significava che le maschere e le difese ancora non erano state almeno totalmente schierate, anche se con il senno del poi direi che Rita non le ha mai veramente indossate, neanche oggi o, almeno, così la vedo io.
Quello che è certo è che una ragazza diciannovenne, nel 1967 era poco più di una adolescente, al contrario di oggi.
Scambiammo poche parole dalle quali venni a sapere che era nata in Veneto,cresciuta a Civitavecchia ed abitava a Roma.  
   Ma sempre per la tattica di dimostrare meno  interesse     possibile mi defilai abbastanza velocemente. 
  • Scusate ragazzi vi lascio ai vostri giochi, ma ora ho da fare,piacere di averti conosciuta; 
  • Piacere mio; 
  • Ciao Silvano,a dopo; 
  • Ciao;
e mi rituffai in acqua iniziando il percorso di ritorno a nuoto,stando bene attento a mostrare quanto fossi veloce e che bello stile di nuoto avessi,confidando che magari mi stavano guardando ed infatti girandomi dopo un centinaio di metri per salutare,lei guardava. 
La vacanza proseguì fino alla fine del mese più o meno allo stesso modo,io ho continuato a frequentare la compagnia di Laura, Rita soprattutto Silvano, anche se abbiamo avuto modo di incontrarci frequentemente ripromettendoci di rivederci  tutti, una volta tornati a Roma.
Nel frattempo la sera Silvano si lamentava che non riusciva a combinare niente e che Rita non ci stava.
Successivamente lei mi raccontò che lui, molto ingenuamente,fece aumentare il suo interesse verso di me, dicendole  che con le donne ero inaffidabile e pericoloso e perciò di stare attenta. Bell’errore…..
Tornati a Roma,Silvano organizzò una gita al mare tra noi, Rita ed una sua amica, il tutto con la 600 del padre di Rita.
Quanto all’amica si trattava di una donna che all’epoca mi sembrava almeno quarantenne, anche se adesso non saprei dire che età avesse,ma soprattutto con un aspetto,se non proprio da puttana,per lo meno da donna vissuta.
Convinsi subito Rita a farmi guidare e lei si accomodò accanto a me,mentre Silvano e l’altra si sedettero nei sedili di dietro e per tutto il giorno proseguimmo accoppiati in quel modo, anche fuori della macchina e al mare.
 
Successivamente venni a sapere che quella donna era amica o almeno conoscente della madre,che si atteggiava un po’ a fattucchiera e che aveva dato dei consigli a Rita che era una ragazzina vicino a lei,di come fare la bella vita, frequentando uomini.
Lei pur sentendola per rispetto della madre, non le dette mai retta, perché l’indole era buona e se una non è portata a fare la puttana è difficile che finisca per farla, in ogni caso,per fortuna e non solo,quella frequentazione durò ancora poco, ma la cosa che mi colpì di più, fu, fino che punto, può arrivare l’ingenuità di una donna come la madre di Rita, che all’epoca aveva quarantasette anni ed era assolutamente una brava persona.
Comunque la gita finì con un appuntamento tra noi due soli, di lì a qualche giorno.
E tutto cominciò da lì,era il settembre del 1967,da allora non siamo stati mai separati per un periodo  più lungo di 15 giorni, anche se io non me ne resi per niente conto,in quel momento,per me si trattava di una delle tante storie che avevo avuto in quel periodo.
Anzi, non è vero, proprio dopo pochi mesi sono partito per fare il militare, durante il quale mi sono ammalato e per fortuna, dopo un ricovero in ospedale, mi hanno rimandato a casa in convalescenza,dalla quale con l’aiuto di mio padre (anche allora le conoscenze contavano) non sono più rientrato in caserma ed ho trascorso tutto il periodo della ferma, facendo lo scritturale al Celio, fino al congedo.
In tutto comunque sarò stato fuori circa 2 mesi nei quali ho avuto rapporti telefonici pieni di sentimenti e di dolore per la  lontananza e una quantità industriale di lettere da parte sua.
Ricordo il mio rientro a Roma,Rita all’epoca lavorava in un supermercato all’Eur,mi feci prestare la macchina da babbo  e rammento la corsa e l’ansia nell’attraversare Roma per arrivare in tempo, entro la chiusura del supermercato, sperando che lei non prendesse la metropolitana prima del mio arrivo.
Sentivo un desiderio più forte di me, irresistibile,irrazionale, di vederla e quando arrivai ebbi una grande delusione in quanto il Supermercato aveva appena chiuso.
Corsi alla metropolitana lungo i vagoni fermi chiamandola,fino a che  lei,che non sapeva niente del mio arrivo,si affacciò,mi vide e lì ci fu un lungo abbraccio che ricordo ancora come fosse successo oggi e che per me fu una svolta e la consapevolezza che il nostro rapporto non era come con le altre, ma che il legame che ci univa era qualcosa di speciale.Tutto questo non cambiò per niente la mia idea di non          legarmi definitivamente a nessuna donna e l’assoluta contrarietà al matrimonio,cosa che non nascosi mai, fin dall’inizio.  
  • Io voglio stare con te in qualsiasi modo,basta che mi tieni con te,non mi interessa il matrimonio a patto che stiamo insieme; continuava a ripetermi ogni volta che veniva fuori il discorso della mia allergia a qualsiasi legame.
Come si fa a lasciare una donna che ti dice così,che accetta tutti i tuoi nervosismi,i musi,i silenzi troppo prolungati e una profonda convinzione che la vita è brutta e non vale la pena di essere vissuta.
Devo dire che l’accettazione di tutto questo da parte sua, non è mai stata completamente passiva e che c’è sempre stato un tentativo molto misurato,considerando il tipo di carattere che avevo,all’epoca,di contagiarmi con la sua voglia di vivere e con la sua felicità di essere al mondo.
Ci avrà messo tanti anni ma alla fine ha vinto lei,pur dando la sensazione,ma solo quella,se non di sottomissione, almeno di accondiscendenza.
Una cosa è certa io non intendevo certo lasciarla, visto che l’amavo profondamente anche se non l’avrei mai ammesso, né a lei, né tanto meno a me stesso.
   Mi sentivo assolutamente autosufficiente e  credevo di    non aver bisogno di nessuno.
Credevo di essere molto in gamba ed in grado di affrontare chiunque,anche se ogni tanto qualche dubbio sulle mie capacità mi attanagliava e quelli erano i momenti più brutti che però,di solito,duravano poco perché riuscivo a scacciarli dalla mia mente con facilità, prima che prendessero veramente piede.
Pur essendo amato da Rita e visceralmente anche da mio padre e mia madre, mi sentivo solo, mai parte di una famiglia,se non nei doveri, mai veramente protetto e con una tana dove rifugiarmi.
Ma questo rientrava nella normalità visto da dove venivo e quello che avevo seminato tenendo tutti il più lontano possibile permettendo a nessuno di penetrare nella mia intimità.
Quando ci fu la separazione tra i miei io scelsi di andare a vivere con mio padre perché Daniele sarebbe rimasto con Mamma e, sinceramente, al di fuori dalle apparenze, io avevo la netta sensazione che il più debole dei due da un punto di vista sentimentale fosse Babbo e non volevo lasciarlo solo in questa sua nuova esperienza.
Mamma sembrava una mite, a parte l’ultimo periodo di convivenza, Babbo più autoritario,ma nella realtà lei era granitica con una volontà di ferro e lui molto più influenzabile e perfino accondiscendente, malgrado le apparenze.
L’ideale,con il senno del poi, forse sarebbe stato Daniele con Babbo e io con Mamma,ma lei non lo avrebbe mai permesso, attaccata come era a mio fratello.
Ma in questo tipo di cose non si ha mai la certezza di quello che sarebbe stato giusto o di come poteva cambiare la vita di tutti noi.
Tutto questo mi procurò non dico un odio,ma sicuramente un risentimento da parte di Mamma che ancora oggi sotto, sotto, mantiene.
Rimane una ferita aperta che ormai non credo si chiuderà più.
Ho tentato di spiegarle i motivi di quella mia decisione ma inutilmente, anche per il suo carattere che, quando è convinta di una cosa, a torto o a ragione, è impossibile farle cambiare idea.
Oltre tutto,quella scelta,mi comportò una serie di difficoltà,infatti non mi trovavo molto bene nella nuova famiglia, in particolare dopo che mi ero legato a Rita, che avendo rifiutato Silvano a favore mio, era entrata in odio alla nuova compagna di mio padre. Cuore di mamma…..!! Addirittura si era arrivati ad un punto che non la voleva dentro casa.
Naturalmente la cosa per me era inaccettabile e davo qualche colpa anche a mio padre perché non si intrometteva,almeno apparentemente, anche se frequentava abitualmente Rita, insieme a me, fuori casa.
Nel frattempo cercavo tutti i modi per rendermi indipendente e per poter andare a vivere da solo.
Iniziai,quando ancora la mattina lavoravo al Celio ad andare a lavorare da mio zio, fratello di mamma,nella sua tipografia,senza grandi risultati,perché il lavoro forse era inadatto a me o forse io ero inadatto al lavoro, ma, soprattutto, perché ero ancora talmente inesperto ed immaturo che, senza nessuna guida,senza nessuno che perdesse dieci minuti a spiegarmi cose che non avevo mai fatto prima, non ottenevo nessun risultato.
In più c’era pure la moglie di mio zio che, se poteva, faceva ostruzionismo,non volendo nell’azienda,per suoi interessi personali,nessun parente.
Visto come procedevano le cose, non ricordo attraverso quali conoscenze conobbi una persona che aveva una catena di sale corse a Roma e che mi offrì di lavorare come sportellista,cosa che malgrado la paga fosse bassissima,ma non più bassa di quella di mio zio, e l’orario lungo, accettai.
Iniziai da una delle più vecchie sale corse di Roma al centro,vicino al Pantheon,Largo Toniolo e devo dire che malgrado fosse un lavoro da schiavi,ma all’epoca non lo consideravo così ed avrei accettato qualsiasi cosa, fu la prima volta che ebbi delle soddisfazioni nel campo delle professioni,oltre ad avere l’occasione di conoscere personaggi famosi dello spettacolo e no,che venivano a giocare abitualmente.
Passai da cassiere delle giocate di piccolo importo, a quello degli importi maggiori, che richiedeva un’astuzia ed un attenzione notevole, perché bisognava stare sempre attenti che ci potessero essere delle giocate irregolari o combine che potessero provocare perdite ingenti al gestore della sala. Poi mi promossero ancora e mi tolsero dallo sportello mettendomi alla contabilità interna con,ogni volta, piccolissimi ma gratificanti aumenti.
Piccole cose viste con gli occhi di adesso,ma importanti per me all’epoca,non tanto per un fatto di ambizione,quanto per una conferma di potercela fare anche da solo.
In tutto questo tempo dopo l’orario di lavoro all’uscita trovavo Rita bella, sorridente e felice di vedermi.
Magari era pure annoiata di aspettare visto che spesso non uscivo puntualissimo, ma non lo lasciava per niente vedere.
Devo dire che quelle erano le ore che mi ripagavano della pesante giornata di lavoro,il riposo ed il premio del guerriero. Stavamo benissimo insieme anche se all’epoca non me ne rendevo perfettamente conto o non gli davo grande importanza.
Ripensandoci ora, erano gli unici momenti in cui  non    mi sentivo veramente solo.
Nel frattempo, cominciavo ad avere la necessità di avere un’autonomia di movimenti, che era diventata indispensabile, sia per gli spostamenti che erano abbastanza lunghi,sia per un po’ di privacy che desideravo avere con Rita e che una autovettura, per quanto piccola, poteva permettere, almeno a quell’epoca.
Così babbo mi avallò una montagna di cambiali, per l’acquisto di una Fiat 500 usata, che fu, per molti anni, la mia macchina,la mia casa ed il simbolo della mia prima vera indipendenza.
La prima cosa che feci, come si usava all’epoca, non appena preso possesso della macchina, fu modificare i sedili anteriori facendoli diventare ribaltabili e così oltre alle altre cose, la 500 divenne anche la nostra alcova per parecchio tempo.
Nel frattempo c’erano stati i fatti di valle Giulia,gli studenti erano in fermento e si stava formando una generazione politica,che successivamente avrebbe rischiato di portare allo sbando tutto il paese.
In giro si cominciavano a vedere manifestazioni con slogan violenti contro lo stato e la polizia,ma  la cosa era come se non mi riguardasse, in quel momento. La mia testa era indirizzata verso tutt’altro, anzi mi sembravano tutti un po’ matti e non vedevo le conseguenze che ne sarebbero potute derivare. 
Insieme, pensammo al futuro di Rita, che non aveva un titolo di studio e perciò sarebbe stato difficile per lei, trovare un lavoro che fosse più gratificante della commessa in un supermercato e così decidemmo,insieme, che avrebbe frequentato una scuola serale vicino alla Stazione, per maestre d’asilo,  che fece con buoni risultati, riuscendo a prendere il diploma in un anno.
Fu una grande fatica per lei, ma anche gratificante,per il risultato e perché l’andavo a prendere a scuola la sera per accompagnarla a casa, che era molto lontana ed avevamo parecchio tempo per stare insieme in macchina a fare l’amore.
La parte meno gratificante fu, che continuando a lavorare al supermercato,  e dovendosi alzare prestissimo, non dormiva praticamente mai, tanto che quando arrivò il periodo degli esami fu costretta a darsi malata, fu scoperta e licenziata.
In tutto questo la famiglia di lei si distinse in particolare per la totale assenza.
Nel frattempo a casa di babbo ero arrivato ai ferri corti con tutti, anche un po’ con lui, sino a decidermi, dopo essermi consultato con mamma, a tornare a vivere con lei nella vecchia casa di famiglia,mentre, nel frattempo, lui cambiava casa e da Roma andava a vivere in una bella villetta, a Grottaferrata.
Il fatto di avermi riaccolto in casa,me lo rinfaccia ancora oggi tanto per far capire che tipo di donna è mia madre, che non dimentica anche se,dice lei,perdona.
Comunque le discussioni avute quando vivevo con babbo sicuramente non erano di più, né più violente di quelle avute con mia madre nel periodo della convivenza.
Molto dipendeva da loro ma moltissimo da me, che all’epoca parlavo pochissimo, essendo in grado di stare ore ed ore e a volte giorni senza dire una parola, salvo quelle d’obbligo, ma se si trattava di fare una polemica,qualunque fosse l’argomento, non mi tiravo mai indietro.
Finivo quasi sempre per vincere per sfinimento dell’avversario, ma devo dire anche per argomentazioni,ben portate avanti anche se, in qualche caso, non ero così convinto di avere ragione e spesso mi spingeva il piacere di argomentare mettendo in difficoltà l’interlocutore. Come giocare a scacchi.
Con lei, le discussioni, erano quasi sempre per cose che diceva contro Babbo, mentre da lui non avevo mai sentito fare altrettanto contro di lei.
All’epoca di tutto parlavo meno che di politica,malgrado ce ne fossero tutti i presupposti,continuavo,pur avendo una mia idea,a pensare che la cosa non mi riguardasse e che avevo molte altre cose di cui occuparmi che venivano prima.
Rita nel frattempo fece un anno di apprendistato gratuito presso un asilo vicino a casa sua e ricordo che quello fu uno dei periodi più belli per lei.
Le piaceva star dietro ai bambini e aveva dedicato tutte le sue capacità a quell’impegno senza tenere conto che non esisteva né remunerazione né tantomeno possibilità di futuro.
Ma è normale perché dopo tanti anni ho potuto verificare che lei dedica tutta se stessa a qualsiasi cosa fa. Non fa parte della sua natura l’idea di risparmiarsi.
Le cose tra noi procedevano sempre bene anche se io,tanto per non smentirmi,mi guardavo bene dal lasciarmi andare in affettuosità( e che scherzi…. Non vorrei che si pensasse che mi sono rammollito…..).
Finalmente trovai un lavoro come geometra in una impresa di restauri edili,in cui uno dei titolari era conosciuto da babbo.
Anche in quel caso,però dovetti constatare che in genere è più facile saper fare un lavoro che insegnarlo ad un altro,forse un po’ per incapacità e un po’ per mancanza di volontà.
Infatti quello che più ricordo di quel lavoro sono gli orari lunghissimi ed indefiniti,i pochi soldi ed il fatto che, della professione, non imparai quasi niente.
La sera quando smettevo di lavorare trovavo Rita dentro la 500 ad aspettarmi chissà da quanto tempo,un po’ assonnata e forse un po’ annoiata, ma sempre felice di rivedermi,cosa che mi ripagava abbondantemente della giornata non particolarmente soddisfacente.
Dicono tutti di quanto sia bello amare,ma quanto è assai più gratificante sentirsi amati.
Credo che se in quegli anni mi fossi lasciato andare a farmi coccolare da mamma, da babbo e soprattutto da Rita,che non aspettavano altro, forse avrei vissuto meglio io ed anche loro, o magari no, forse sarei una persona diversa da come sono ora,non necessariamente migliore.
Capisco che dirlo è scontato ma devo ribadire che è ’molto difficile  prevedere le conseguenze nel tempo,di un comportamento,non credo si possa sapere se in un bivio si fosse scelta una strada diversa,come veramente sarebbe andata a finire.
Fatto sta che quello per me era il periodo della coerenza,avevo scelto una strada e la seguivo senza esitazioni. Ripensandoci adesso molte decisioni e comportamenti li avrei evitati o per lo meno ammorbiditi,ma forse, c’è voluto quel periodo, per arrivare dove sono ora.
Poco dopo avvennero due cose, sia per me che per Rita, che hanno abbastanza influito sul resto della nostra vita:
Ho lasciato il lavoro da geometra e attraverso un’inserzione sul giornale sono stato assunto, dopo una selezione difficile e molto vasta per partecipazione,da una grande Società produttrice di materiali da costruzione,un grosso gruppo industriale del Nord.
Finalmente un lavoro sicuro, e Rita iniziò a lavorare come apprendista nel laboratorio di cornici di mia madre.
Come prevedibile, lei ha cominciato a dedicare a quel lavoro tutta se stessa,cercando di modificare i sistemi usati da mia madre con molta diplomazia, per non far risaltare i metodi antieconomici portati avanti sino a quel momento e riuscendoci, in un tempo relativamente breve, ottenendo, oltretutto, cosa non facilissima, l’affetto e la simpatia di mia madre.
Non c’è il minimo dubbio che, da quel momento si è istaurato tra loro, un rapporto di stima oltre che di amore,di cui sono molto felice ed orgoglioso e che,per esempio,io non sono mai riuscito ad avere.
In realtà,non l’ho neanche particolarmente cercato,ma  dopo tanti anni, quasi un’intera vita trascorsa,mi comincio a chiedere perché, in genere, i genitori apprezzano, almeno con gli estranei, i loro figli anche al di sopra dei loro meriti,che non si stancano di vantare,e per me, che qualche cosa nella vita ho pur fatto,con mia madre non vale?
Forse incompatibilità di carattere,forse l’incapacità di dimenticare vecchi rancori,chissà?
Nel frattempo mi trovai inserito in un’azienda che anche se eravamo nel 1970,ed  era un mondo diverso da quello di oggi e chi non l’ha vissuto non può crederci o capire,aveva abitudini consolidate per il personale, forse più adatte alla fine dell’’800.
Era dovere non scritto,ma ormai affermato dalla consuetudine, indossare per gli uomini,giacca e cravatta in qualsiasi stagione o occasione e per le donne il grembiule blu.
Cosa che, per me fu, sin dall’inizio, qualcosa di insopportabile e quindi iniziai dopo poco,ad indossare le maglie a collo alto in inverno e la camicia con il collo aperto in estate. 
La battuta spiritosa (secondo loro),sicuramente     ricorrente, era:  
  • E’ venuto in bicicletta? Alludendo che quella era una maglietta da ciclista.
  • No in spider. Rispondevo ogni volta.
Battuta e controbattuta sono andati avanti per anni;pensate a cosa ci si può ridurre per lavorare, considerando che anche quello era un lavoro se non proprio da schiavi per lo meno mal pagato.
L’ufficio era formato da circa dieci persone di cui quattro tecnici, la segretaria, il gerente della filiale, quattro amministrativi e un addetto ai magazzini.
Tutta gente anche se relativamente giovane, molto formale,con la quale, per riuscire ad istaurare un rapporto umano, ho messo almeno 10 anni e considerando che sono stato con loro,per 13,non si tratta di uno dei più bei ricordi della mia vita,tanto per usare un eufemismo.
C’era il gerente della filiale,tipo serio, alto, senza una grande espressività, che poi si rilevò essere un gran furbacchione.
Uno dei geometri, basso, segaligno, quelli che una volta si diceva che la malignità gli aveva impedito la crescita, tutto dritto, rigido con il collo allungato,pur di guadagnare anche mezzo centimetro di altezza e le giacche corte che gli lasciavano scoperto il sedere nella convinzione di sembrare con le gambe più lunghe. Presuntuoso che di più non si può.
Poi un altro geometra grasso come una palla,più bonario che dava la sensazione di essere umano,fino a che non lo mettevi alla prova chiedendogli qualcosa.
Per quanto riguarda gli amministrativi, le donne sembravano monache tutte dedite alla chiesa e i due ragionieri, uno banalissimo e infrequentabile, l’altro più simpatico e intelligente, ma molto riservato.
Quest’ultimo era talmente riservato che all’improvviso,malgrado fosse sposato con prole, si licenziò insieme a una delle “monachine”, quella più austera, e fuggirono insieme.
Veramente dei grandi attori e potere del contatto giornaliero.
A qualcosa comunque quell’esperienza servì,in quanto ebbi modo di conoscere molta gente,trattandosi in fondo più di un lavoro commerciale che tecnico,di toccare con mano le malignità, le invidie, le ripicche,le rivalità e qualche colpo basso che poi in seguito, mi è servito a saperne prevedere e schivare, almeno una parte.
Nel frattempo ci fu Piazza Fontana,la morte di Pinelli,successivamente del Commissario Calabresi,l’inizio di alcune gambizzazioni di giornalisti importanti ed il seme dell’odio che andava diffondendosi preoccupantemente.
Gli indizi e i chiari segnali di quello che poteva succedere, non mi sfioravano la mente per nulla, in quel momento e non ho un motivo plausibile per spiegarlo anche a me stesso.
I successivi due anni, che non ricordo come particolarmente significativi,procedettero       con Rita che si affermava sempre di più all’interno del negozio di mamma, sino a prenderne in pieno la gestione,almeno materialmente se non  formalmente ed io che tentavo di affermarmi all’interno dell’ufficio,cercando anche di istaurare un rapporto umano con i colleghi,senza minimamente riuscirci.
I giorni di festa generalmente li trascorrevamo con babbo e Daniele e spesso non erano molto piacevoli in quanto,di solito, si trasformavano da parte mia in un elenco di malefatte di Daniele e di richieste di aiuto economico,entrambe sollecitate da mamma.
Certo babbo non ne era molto felice visto che, vedere i figli una volta a settimana, per lui sarebbe dovuto essere un piacere e invece, spesso si trasformava in una discussione decisamente poco gradevole.
Ogni tanto andavamo anche alla sua villa di Frascati,dove Rita veniva appena tollerata,visto che ormai era chiaro che se non avessero accettato lei, non sarei andato neanche io.
Devo dire,che malgrado, dentro di sé, avrà sicuramente sentito quell’atmosfera di freddezza verso di lei,riusciva lo stesso a riempirsi la giornata e a renderla piacevole,giocando con il cane di babbo,rincorrendosi uno con l’altra ,cosa che stupiva quasi tutti, perché, stare dietro per resistenza ad un giovane cane, non è cosa tanto normale.
Era una vera forza della natura e nella natura si sentiva a proprio agio e contenta.
In quel periodo,babbo cominciava ad avere disturbi fisici reali,lui che per tutta la vita era stato un malato immaginario,iniziava ad avere problemi alla prostata ed in generale,mancanza di appetito.
Cosa alla quale non detti grande rilievo in quanto diceva di star male da sempre,senza che le sue presunte malattie si rivelassero reali. In fondo,non aveva ancora cinquant’anni, anche se per me, all’epoca, un uomo di quell’età, sembrava vecchio.
Il rapporto tra me e Rita procedeva abbastanza bene,diciamo stazionario,io davo per scontato che lei fosse lì a mia disposizione e lei, in effetti, c’era veramente.
Con il senno del poi, dare per scontati i sentimenti di un’altra persona,è lo sbaglio più grande che si possa fare,ma è piuttosto evidente che, almeno in quell’occasione, sono stato molto fortunato,perché di certo non è merito mio se in quegli anni abbiamo continuato a stare insieme,visto che non facevo niente per ravvivare il rapporto e oltretutto,se mi capitava l’occasione, guardavo anche altre donne.
Non è che non la amassi è ancora peggio,davo per scontato e come un diritto che lei amasse me.
In fondo ero tagliato con l’accetta,con alcune qualità naturali ed un fuoco all’interno che non volevo e non riuscivo a far emergere se non pochissime volte e quasi sempre eccedendo,dando la sensazione di non avere dubbi e di desiderare una vita programmata,priva di imprevisti,nella quale niente era frutto del caso.
E inoltre, all’epoca, per me un uomo o era un duro, in grado di affrontare qualsiasi cosa o non era.
Mamma mia che sbagli, ci ho messo altri trent’anni per capire,che una battuta e una risata poteva risolvere qualsiasi problema molto più di una polemica.
Ma così è stato,evidentemente la mia intelligenza aveva bisogno di tempo;riusciva a risolvere con facilità problemi che per alcuni risultavano quasi insormontabili e non capiva cose semplici, di vita quotidiana, che avrebbero facilitato l’esistenza sia a me che a quelli che mi circondavano. Non sapevo cosa fossero l’ironia e la capacità di smussare gli angoli.
Insomma ero un tipo troppo serio e me ne vantavo pure. Tutto soddisfatto,crogiolandomi nel mio mondo fatto di sicurezze almeno apparenti,perché sotto, sotto, qualche dubbio assaliva anche me.
Verso metà del 1972,comunque ci fu uno di quegli altri avvenimenti che cambiano la vita.
Babbo si sentì molto male e fu ricoverato d’urgenza all’ospedale di Frascati,dove corsi e lo trovai provatissimo e molto spaventato.
Provai a parlare con i medici che sospettavano una pancreatite, che pur non sapendo,all’epoca, cosa fosse,appresi che era una cosa molto grave,spesso mortale.
Ricordo che l’ultimo incontro che ebbi con lui,dovetti rassicurarlo dicendogli che non aveva l’infarto,che era la cosa che lo aveva terrorizzato tutta la vita.
Essendo un ospedale, non permettevano che la notte si trattenesse più di una persona e rimanendo la sua compagna, noi dovevamo andare fuori.
Devo dire che di questo, ancora oggi, sento un forte rimorso,perché non mi resi sinceramente conto che poteva morire,non l’ho proprio preso in considerazione,in ogni caso, non così presto.
Se no mi sarei battuto per rimanere con lui,non tanto per vedere gli ultimi istanti della sua vita,quanto perché forse avrebbe avuto il desiderio di dirmi qualcosa e sicuramente,forse mi illudo,ma, per me è un’assoluta certezza, che ero la persona che più di tutti avrebbe voluto avere vicina in un momento del genere.
Comunque lui non chiese niente ed io andai e purtroppo fui svegliato la notte dello stesso giorno. Era il 26 marzo del 1972 e non aveva ancora compiuto 51 anni.
Il funerale fu qualcosa che neanche io mi sarei aspettato, per la quantità di gente che venne, molti neanche li conoscevo e credo che lui, se avesse potuto assistere ne sarebbe stato felice, ma chissà, forse c’era.
Feci,per la prima volta, almeno a quel livello, gli onori di casa, facendo in modo che la protagonista risultasse chiaramente mamma e mettendo abbastanza in disparte l’altra.  
Mamma ricevette la reversibilità della pensione e con Daniele, due terzi della liquidazione con la quale riuscì ad acquistare un appartamento abbastanza vicino a dove abitavamo,l’altro terzo andò a me insieme alla vecchia casa in affitto che, a quel punto, rimaneva libera e anche alla macchina di babbo,una Peugeot,che tenni per molti anni ancora.
All’insaputa di mamma con la mia parte, che era poca anche per l’epoca , detti una specie di buonuscita alla compagna di Babbo, che non so quanto abbia realmente apprezzato,ma che mi sentii di fare, perché lo ritenevo giusto e corretto,malgrado personalmente non le dovessi niente.
Non l’ho più vista, né lei né la famiglia.
Così possedemmo la prima casa veramente nostra e dopo il lavoro ci dedicammo a restaurarla, aprendo un tramezzo e disegnando un arco in muratura, per creare un salone da due stanze,pavimentando e maiolicando la cucina e pavimentando anche gran parte del resto della casa, tutto da soli.
Malgrado fossimo giovani e forti, la ricordo come una fatica immane, perché si trattava di fare una cosa non solo faticosa di per sé, ma aggravata dal fatto che non avevamo mai fatto niente del genere prima. 
Rita si divertì a decorare le pareti di una camera,veramente mal ridotta, che in futuro sarebbe diventata il mio ufficio, dipingendo sopra una vecchia carta da parati e riuscendo a farla diventare allegra. Alla fine ci trovammo un appartamento,se non proprio elegante almeno carino e decoroso.
Anche per i mobili ci arrangiamo costruendo una specie di libreria da noi e rimediando tutto il resto.       
  • Finalmente possediamo una casa nostra, se sei d’accordo quest’anno ci sposiamo.
Rita mi guardò con un’espressione più sorpresa che felice, che si trasformò in gioiosa non appena ebbe realizzato che dicevo sul serio e ricordo un grande abbraccio spontaneo al quale non seguirono parole,che in quel momento non sarebbero servite a sottolineare in alcun modo una svolta se non sentimentale almeno pratica e concreta.
 

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