L’ITALIA
A dicembre, si è chiuso un capitolo importante della mia vita, ho messo in liquidazione la società da me fondata nel 1985, con la quale ho lavorato, con alti e bassi, sino ad ora.
Le avevo dato un nome un po’ pretenzioso, non certo modesto : MASTER, un po’ per quel motivo, ma soprattutto perché era l’acronimo dei nomi, mio e di mia moglie.
Considerando le mie difficoltà, pur facendolo a malincuore, sono stato costretto a chiudere, perché la legge italiana non consente di tenere aperta un’attività se non guadagni almeno quello che stabilisce l’Ufficio delle Entrate,alla faccia di un fisco più giusto, di cui tanto si parla.
La chiamano CONGRUITA’, mi chiedo se, loro, sono congrui per il compito che svolgono.
Sembra impossibile, ma ho avuto la sensazione di disfarmi di una parte della famiglia e mi da dolore pensare che quel nome per la cui rispettabilità ho lavorato 25 anni, non esista più.
E’ stato una specie di funerale laico e con lei è morta anche una parte di me, della mia vita, dei miei sforzi, delle preoccupazioni, delle sconfitte e delle vittorie.
Insomma è stata un vero e proprio pensionamento, ma non quello dell’INPS, che per me era già arrivato, ma quello vero, quello che certifica che non sei più in grado di essere produttivo.
Per fortuna però, almeno da questo punto di vista, l’avvenimento, non mi tocca più di tanto perché, anche da quasi immobile, un impegno, già me lo sono trovato ed è proprio quello che sto facendo in questo momento; non so quanto sarà produttivo in assoluto, ma sicuramente lo è per me e per chi mi vuole bene.
Se dovessi sentirmi di nuovo in grado di lavorare a tempo pieno, un giorno, sarò costretto ad aprire una nuova attività.
Dubito molto che accadrà, ma nella vita non si può mai dire, quello che è certo è che non avrei potuto mantenere la vecchia, anche se fossi riuscito a dimostrare di essere impossibilitato a guadagnare quello che loro stabiliscono, a meno che, non avessi deciso di pagargli, comunque, quello che avrebbero voluto.
Tutti si riempiono la bocca dicendo che l’Italia è piena di evasori fiscali e probabilmente sarà vero, anche se, ma questa è una mia personale convinzione, molto meno di quanto dicano.
I maggiori indiziati ad evadere sono in particolare i lavoratori autonomi, le partite iva, tra le quali però ci sono categorie e mondi talmente diversi che, generalizzare, mi sembra come minimo azzardato.
Si va dal piccolissimo imprenditore, artigiano o commerciante che sia, che spesso fa fatica a tirare avanti e a raggiungere la fine del mese se assolve a tutti gli obblighi che gli competono.
Sempre di più, inoltre, risulta che guadagna solo sulla carta, in quanto, magari fattura, ma non viene poi pagato, cosa che allo Stato pare non riguardi; se fatturi per l’Agenzia delle Entrate, sono soldi entrati.
Tra l’altro non è che lo Stato ti aiuti, almeno nel recuperarli, infatti se ti azzardassi a fare causa ad un Cliente insolvente, rischieresti di prendere i soldi dopo minimo dieci anni e il risultato è che le tasse le avresti pagate dieci anni prima e che, se andasse bene, per non morire prima della definizione della causa, in genere si finirebbe per concludere con un compromesso, prendendone solo una parte, se ti andasse male, se ne andrebbero tutti in spese legali.
Ma queste sono cose che, tristemente, sanno già tutti.
Non nego che ci siano altre categorie che guadagnano moltissimo e dichiarano una piccola percentuale se non addirittura niente.
Quello che sostengo è che le persone per bene che intenderebbero pagare sino all’ultimo Euro e che spesso lo fanno, qualche volta sono costrette ad inventarsi qualche sotterfugio per poter sopravvivere.
Perciò, secondo me, l’argomento è piuttosto controverso e soprattutto non così scontato come vorrebbero farci credere.
Andrebbe affrontato caso per caso, anche se capisco come non sia possibile ad uno Stato adattare le leggi al caso specifico.
Si sostiene che gli unici a pagare tutto, siano i lavoratori dipendenti, ma credo di poterlo negare per esperienza personale, ancora di più, in un momento di crisi come questo.
Conosco personalmente una quantità notevole di persone che hanno un doppio lavoro, in particolare, tra i dipendenti pubblici, e i cassaintegrati, il cui secondo lavoro naturalmente è in nero.
Qualcuno dovrebbe spiegarmi come fa un dipendente di quelli che si presentano in televisione dicendo di guadagnare mille euro al mese, e qualche volta anche meno, e poi si scopre che hanno anche una famiglia numerosa e, di solito, non si mostrano abbigliati come mendicanti.
In genere si prendono anche tutta la comprensione e la commiserazione degli intervistatori o dei commentatori, specie se di sinistra.
Mi pare evidente che le sole possibilità siano: che abbiano sposato una maga, che qualcuno li aiuti, che abbiano una stamperia di soldi falsi o un doppio lavoro.
Qualunque sia il motivo, credo che abbia fortemente contribuito al voto no al referendum di Mirafiori, che a logica è sembrato, pur perdendo, un po’ troppo alto.
Oltre naturalmente ai condizionamenti politici.
Sicuramente rimane in Italia una categoria importante di gente che evade e spesso in modo imponente, anche se qualcuno si è cominciato a scoprirlo.
Quello che trovo inaccettabile, per me che, per quaranta anni, ho lavorato come un pazzo, senza evadere mai e trovandomi adesso con una pensione e dei risparmi ridicoli, è sentire in particolare alcuni politici importanti, specialmente del precedente governo, che dicono che chi evade è un ladro e uno che rovina l’Italia.
Sarà pure vero, ma mi chiedo: è più ladro uno che per sopravvivere evade una parte delle tasse, specie in un momento come questo o un amministratore che spreca i nostri soldi, o peggio, senza impiegarli per renderci la vita più facile?
Giudicate voi.
Di incompetenza e di sprechi ce n’è in giro una quantità industriale a tutti i livelli, dal Governo Centrale (sempre meno) ai vari governi locali, che per anni hanno buttato il denaro pubblico in una quantità di modi difficili da elencare tutti, che però vanno dall’inefficienza, agli interessi personali.
In questo secondo caso, a mio modesto avviso, chi si è comportato così e sono tanti, è sicuramente più colpevole di un piccolo evasore e merita la galera,che naturalmente, anche se scoperto, non farà mai.
Ma questa è l’Italia.
Un’Italia dove,senza una notizia di reato o una denuncia, si impiegano un centinaio di uomini, mezzi per centinaia di migliaia di euro minimo, per monitorare per circa un anno, qualsiasi persona abbia frequentato la casa del Premier, per riuscire ad incriminarlo e addirittura mandarlo al processo per direttissima e poi si fanno uscire camorristi condannati a 25 anni di galera per decorrenza dei termini nella presentazione dei motivi della sentenza.
Ma Fini ha il coraggio di dire che, se la democrazia ha fatto passi avanti, lo dobbiamo hai magistrati.
Non sarà un discorso di comodo?
Un’Italia dove, se si dovesse fare la somma del denaro utilizzato per trovare prove contro Berlusconi, verrebbe fuori che per nessun mafioso o cosca si è speso altrettanto, oltretutto senza ottenere niente, almeno sino ad oggi.
Ma questo è tutto un altro discorso che riguarda la stretta attualità, ma che comunque dimostra che non funziona quasi più niente e che bisognerebbe abbattere tutto e ricominciare da capo come si fa quando si costruisce un castello di carte.
Avendo magari l’accortezza di ricostruirlo un po’ più solido a partire dalle fondamenta e poi su, su, sino alla cima il più in alto possibile, in modo, che nell’aria pulita e rarefatta, il pesce eviti di puzzare dalla testa.



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