TI AMERÒ’ SEMPRE
Nei giorni scorsi mi è capitato di vedere in televisione un film francese “Ti amerò sempre” di Philippe Claudel, del 2008 con interprete principale Kristin Scott Thomas, che ritengo una delle migliori attrici contemporanee.
Sono stato invogliato a vederlo proprio perché c’era lei come protagonista, pur non sapendo di cosa trattava e non avendo letto recensioni.
Il film, che non è certamente allegro e non lo consiglierei a chi soffre di depressione, parla di una resurrezione e di un argomento che tra poco diventerà di grande attualità anche in Italia visto che si sta per votare in Parlamento la legge sul fine vita.
In breve è la storia di una donna che ha fatto 15 anni di galera per aver ucciso il figlio di 6 anni, che esce in libertà vigilata e viene ospitata a casa della sorella più piccola, che malgrado da giovani fossero molto legate, non vede più da 15 anni.
La protagonista è una donna senza più vita, distrutta, risentita, senza un futuro e la Scott Thomas lo fa vedere molto bene anche senza tante parole.
La sua interpretazione, vale tutto il film, è in grado di cambiare aspetto anche fisico solo con l’espressione e passare da sembrare una donna finita, precocemente invecchiata e priva di attrattive, a diventare addirittura bella, attraente e anche più giovane.
Naturalmente per fare questo ci si aiuta anche con il trucco e con un bravo operatore, ma non bastano e cose simili le ho viste fare rarissimamente a pochissimi attori fuoriclasse.
Ricordo Paul Newman nel “Verdetto” nel quale passava da essere un uomo finito anche fisicamente e senza più speranze, a tornare alla vita, addirittura più giovane e bello.
“Naturalmente”, non ha vinto l’Oscar per quel film.
Kevin Spacey è un altro che in “American Beauty” è riuscito ha far capire i suoi pensieri senza spiegarli, solo con l’espressione. Gli occhi e il suo viso da morto, mi resteranno impressi per tutta la vita.
Pochissimi altri sono riusciti a tanto anche tra gli attori più famosi, stimati, osannati e premiati.
Ma, tornando a “Ti amerò sempre”, il ritorno alla vita della protagonista prosegue tra la diffidenza del cognato e delle persone che la incontrano, non appena vengono a conoscenza di quello che ha fatto e la perplessità della sorella che non si spiega come abbia potuto, la donna che lei conosceva, commettere un atto simile.
Fino a che, alla fine, trovando per sbaglio un documento nelle carte di lei e indagando, non scopre che il nipote aveva una malattia gravissima, mortale, che gli aveva e gli avrebbe, sempre di più, provocato sofferenze indicibili e che la madre, essendo tra l’altro medico, lo aveva ucciso quando già soffriva moltissimo, per evitargli una fine disperata.
Insomma era ricorsa all’eutanasia, senza dirlo a nessuno, accettando una condanna così grave senza discolparsi e ritenendola anche meritata.
Questo crea il riavvicinamento importante tra le due sorelle e la capacità di riuscire a parlare dell’accaduto da parte di Kristin, che piano, piano, sembra iniziare una nuova vita aiutata dai suoi cari e anche dall’affetto che nel frattempo l’ha legata alle due figlie della sorella.
Il film è tutto qui, non è un capolavoro, è solo un buon film, a mio modesto avviso, rimane in superficie e non approfondisce a sufficienza il conflitto che deve aver squarciato il cuore di una madre, ma neanche quello dei comprimari e se non ci fosse una fuoriclasse come Kristin Scott Thomas, probabilmente non raggiungerebbe neanche la sufficienza, ma, essendo, credo, un opera prima, confido che il regista magari farà meglio la prossima volta.
La storia però mi da lo spunto per parlare di eutanasia, di accanimento terapeutico e del comportamento che sarebbe giusto tenere con i malati terminali o in coma profondo.
Devo confessare che non ho un’idea precisa su cosa sia legittimo in assoluto e credo che non sia giusto che si debba averne, su qualsiasi argomento.
I tuttologi dai quali siamo circondati in televisione negli ultimi anni, in genere li trovo discutibili e molto presuntuosi nel pensare che la loro opinione valga più di quella della prima persona che passa per strada.
Quello che posso dire è come vorrei che si comportassero con me, anche se questa è l’opinione attuale e bisogna trovarcisi nella situazione, per sapere come la penserai in quel momento.
In linea generale io vorrei vivere sino a che mi funziona il cervello, in qualsiasi condizione si trovi il resto del fisico, salvo l’opportunità di cambiare idea se ne avrò la possibilità.
Questo è il motivo per il quale è così difficile parlarne e soprattutto legiferare sull’argomento, in quanto anche il testamento biologico non da la garanzia che nel momento in cui servirebbe, il desiderio espresso non sia cambiato.
Nello stesso tempo far decidere solo ai medici non mi sembra corretto, né tantomeno a un magistrato.
Allora cosa fare?
Non saprei dare una risposta certa, forse un po’ di tutto quello che ho detto.
Far fare il testamento biologico, di cui tenere il giusto conto, ma se la persona non è più in grado di prendere una decisione, sentire anche il parere dei familiari più stretti e dei medici e prendere una decisione collegiale, cercando di rispettare il più possibile l’intenzione espressa in precedenza, modificandola solo per motivati, accertati e importanti motivi.
Quello che secondo me è inaccettabile comunque, una volta deciso per l’eutanasia, è togliere il sondino dell’alimentazione.
A mio modesto avviso, è meglio staccare la spina, se c’è o fare un iniezione, che togliere il cibo e l’acqua ad una persona ancora viva.
Alla fine un’opinione, sia pure dubitativa, ho finito, malgrado quello che avevo scritto, per esprimerla anche io e forse mi dovrei preoccupare un po’ di confondermi con quegli ospiti televisivi che parlano di tutto, dall’eutanasia, agli amori di personaggi famosi, dagli innumerevoli delitti irrisolti, al federalismo, dalla chirurgia estetica, alle cure dimagranti, dai comportamenti dei giovani, alla condizione dei vecchi, dalla politica, all’attualità e potrei continuare per molto.
Vorrei rassicurare per primo me stesso, che non mi interesso di gossip, di cure dimagranti e di cure estetiche, molto poco e solo dal punto di vista umano, come tutti, dei delitti irrisolti, e di molto altro, ma soprattutto dell’opinione degli ospiti prezzemolini dei talk show.
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