LA SOLITUDINE
All’atto della nascita siamo assolutamente soli, anzi lamentiamo uno dei distacchi più definitivi di tutta la vita, attenuato normalmente da un’allegra accoglienza, non so quanto avvertita e sufficientemente consolatoria, quando moriamo invece, anche se circondati da tutto l’affetto possibile, siamo assolutamente, totalmente e consapevolmente soli, spesso spaventati ma anche un po’ curiosi di quello che ci sta per accadere.
In mezzo a questi due fondamentali avvenimenti c’è tutta la vita che più varia, soggettiva e imprevedibile non potrebbe essere.
Secondo me, durante l’arco dell’esistenza, la solitudine è qualcosa di molto personale, una sensazione, uno stato d’animo, più che un fatto concreto.
Conosco gente che vive isolata da anni non sentendosi sola e persone circondate da amici e parenti che soffrono per mancanze di tutti i tipi.
Su quest’argomento, si rischia di cadere nei luoghi comuni o sulle favole metropolitane, ma insisto che le due caratteristiche estreme che ho descritte le ho verificate personalmente e posso testimoniare, in qualsiasi momento, che si tratta di fatti reali, magari non diffusissimi, ma sicuramente non inventati dall’uomo, a sostegno di una teoria.
Personalmente è raro che abbia sofferto della mancanza di compagnia, sono sempre stato molto bene anche solo con me stesso, salvo un limitato momento, subito dopo l’adolescenza, nel quale la maturazione personale tardava a manifestarsi compiutamente, ma anche in quel periodo, mi struggevo, mi immalinconivo, ma in fondo mi piaceva anche un po’.
Cercavo una strada e dovevo trovarla da solo, ma non ci ho messo molto.
Per il resto, anche se ho avuto sempre qualcuno vicino in tutta la vita, e perciò si potrebbe pensare che fosse facile, non ho mai sentito la mancanza di un appoggio morale, di affetto o semplicemente di compagnia anche se in un particolare momento potevano non esserci.
Questo fino a che non mi sono ammalato.
La malattia, specie se è grave o se tu la ritieni grave, ti cambia la vita e anche il modo di affrontarla.
Quando stai male seriamente, il dolore non può essere condiviso con nessuno, neanche con la persona che ti ama e ti è più vicina.
In questi casi ci sono parti rilevanti della tua giornata, nelle quali sei completamente solo e senza nessuna possibilità di modificare questo stato.
L’uniche armi che ti rimangono sono l’ironia, quando questa sia materialmente possibile e la sottovalutazione di quello che ti sta accadendo, sperando che lo faccia diminuire, non tanto il fatto concreto, ma la percezione che ne hai.
Il cervello è sicuramente uno dei migliori analgesici in commercio, almeno per dolori che non richiedano interventi specialistici.
Confido perciò, che i problemi che ho, in solitudine o circondato da molti, un po’ perché presi in giro, un po’ per sentirsi sgarbatamente sottovalutati, si risentano al punto da allontanarsi da me il più a lungo possibile.
Sono stato sempre convinto che, non sarà buona educazione, ma spesso sminuire, disprezzare, evitare la gentilezza e parlo in generale, può anche far bene alla salute.

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