LE PERSONE PERBENE HANNO POCO FUTURO
Ripensando a Giovannino Guareschi c’è da aggiungere una parte importante della sua storia che coinvolge pesantemente la giustizia in Italia.
Nel 1950 fu condannato con la condizionale a otto mesi di carcere nel processo per vilipendio al Capo dello Stato, Luigi Einaudi, che era stato preso in giro (pensate un po’…..) in quanto permetteva che sulle etichette dei vini di sua produzione venisse messa in evidenza la sua carica pubblica di "presidente". Guareschi non era l'autore materiale della vignetta (l'autore fu Carletto Manzoni), ma fu condannato perché direttore responsabile di Candido e "colpevole" di essere monarchico.
Nel 1954 Guareschi fu nuovamente accusato di diffamazione per avere pubblicato sul Candido due lettere di Alcide De Gasperi risalenti al 1944, in una delle quali il politico trentino (presidente del Consiglio ininterrottamente dal dicembre 1945 al 1953) avrebbe chiesto agli Alleati anglo-americani di bombardare la periferia di Roma allo scopo di demoralizzare i collaborazionisti dei tedeschi.
Guareschi si era mosso con grande cautela. Prima di pubblicarle, aveva sottoposto le lettere addirittura a una perizia calligrafica affidandosi a un'autorità in materia, il dottor Umberto Focaccia. Durante il dibattimento, l'avvocato difensore chiese ai giudici di sottoporre le lettere a una nuova perizia, ma il Collegio giudicante respinse l'istanza motivandola così: «le richieste perizie chimiche e grafiche si appalesano del tutto inutili, essendo la causa sufficientemente istruita ai fini del decidere».
In pratica, le uniche prove accettate furono le parole di De Gasperi, che aveva sporto personalmente querela («con ampia facoltà di prova»), il quale dichiarò che le lettere erano assolutamente false. Il tribunale non accolse neppure le numerose prove testimoniali prodotte dalla difesa di Guareschi tra cui persone vicine allo stesso De Gasperi, come Giulio Andreotti.
Guareschi fu condannato in primo grado a dodici mesi di carcere. Non presentò ricorso in appello poiché ritenne di avere subito un'ingiustizia:
- No, niente Appello. Qui non si tratta di riformare una sentenza, ma un costume. Accetto la condanna come accetterei un pugno in faccia: non m’interessa dimostrare che mi è stato dato ingiustamente.
Dopo il primo processo, un altro collegio, che doveva pronunciarsi per il reato di "falso", decise la distruzione del corpo del reato. Divenuta esecutiva la sentenza, alla pena fu accumulata anche la precedente condanna ricevuta nel 1950 per vilipendio al Capo dello Stato.
Guareschi fu recluso nel carcere di San Francesco del Prato, a Parma, dove rimase per 409 giorni, più altri sei mesi di libertà vigilata, ottenuta per buona condotta. Sempre per coerenza, rifiutò in ogni momento di chiedere la grazia. Guareschi è stato il primo giornalista della Repubblica Italiana a scontare interamente una pena detentiva in carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa.
Avete presente quello che è detto sulla stampa, in vari tipi di programmi televisivi e cinematografici, e attualmente addirittura in Parlamento dell’attuale Presidente del Consiglio?
Basta leggere almeno Repubblica, Il Fatto Quotidiano o L’Unità, vedere Anno Zero, addirittura c’è una rete del circuito Sky, Current, che occupa la maggior parte del suo tempo a far parlare Travaglio e a ricostruire la vita di Berlusconi per lo meno in modo “personale”, per niente amichevole o sentire le parole che usa l’onorevole Di Pietro.
Penso che nel 1954 i responsabili di tutto questo, con il metodo usato per Giovanni Guareschi, sarebbero andati tutti in galera.
L’Italia e in parte anche il mondo sono cambiati in questo campo e non in meglio.
Si è passati da mettere in carcere chi non lo avrebbe mai meritato, a permettere qualsiasi cosa a tutti.
Guareschi era contemporaneamente un umorista e un osservatore attento ma bonario della sua contemporaneità.
Qualcosa dei suoi scritti l’ho pubblicato e chi non ha visto, magari al cinema, qualche Don Camillo? Vi pare che meritasse di andare in carcere?
Se fosse così che bisognerebbe fare a Sabina Guzzanti, a Beppe Grillo, a Crozza e a molti dei comici di Zelig e qualcuno di Striscia?
Lo spettacolo di un Parlamento in cui Di Pietro in particolare, ma non solo lui, in diretta televisiva si permette attacchi personali alla persona ancora più che alla carica del Presidente del Consiglio, usando termini da caserma è di uno squallore indefinibile.
Poi si meravigliano che Berlusconi in Parlamento ci va solo quando è costretto e preferisce trattare all’estero cose molto più importanti, nell’interesse dell’Italia.
Ricordando l’episodio di Guareschi avvenuto più di cinquanta anni fa si rimane sbigottiti di come si potesse essere ottusi e permalosi a quell’epoca al punto di forzare la legge, (da parte di chi poteva) dimenticando qualsiasi umanità personale ma anche della persona colpita.
Ancora di più avviene adesso, nel costatare che ormai non solo il fine giustifica qualsiasi mezzo, ma anche categorie che dovrebbero essere d’esempio alla nazione, come onorevoli, giornalisti, intellettuali e uomini di spettacolo, pur di ottenere lo scopo, hanno dimenticato che c’è una qualità molto importante che definisce le persone, specie quelle pubbliche...... Il buon gusto.




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