giovedì 6 ottobre 2011

I SOGNI

I SOGNI

Questa notte è morto Steve Jobs e tutto il mondo ne parla. L’ha stroncato un cancro contro il quale combatteva da anni.

Non era certo uomo da arrendersi facilmente, era ancora troppo pieno d’idee e di voglia di realizzarle, malgrado quello che aveva fatto fosse già moltissimo in un tempo relativamente breve.

Soffriva di una malattia che non perdona e che non ha rispetto per nessuno neanche per i geni e lui oltre che la volontà aveva sicuramente i mezzi per potersi curare nel modo più appropriato possibile, consultando i migliori medici del mondo.

Penso che abbiano fatto di tutto per allungargli una vita che, a detta di tutti, compresi i suoi concorrenti, era fuori del comune e una fucina d’idee nuove che non sembrava avessero mai fine.

Da osservatore esterno e poco esperto di elettronica, posso dire che aveva anche un aspetto molto piacevole e ammaliatore, anche alla fine quando era magrissimo, con il volto scavato dalla malattia, non aveva perso l’espressione che distingue quasi tutte le persone che si differenziano dagli altri, illuminate come sono, di solito, da una luce interna che non saprei definire, ma che, secondo me, non ha niente di comune e forse di umano.

Con quella luce ho potuto vedere pochissimi, anzi in questo momento non me ne viene in mente nessuno; forse la rappresentazione cinematografica di Mozart, alcune foto di Einstein o di Picasso, e poco altro.

Ieri è morto anche un’altra persona, sconosciuta ai più, se non a coloro, oltre la famiglia, che avendo avuti rapporti di lavoro con lui, compreso io, se lo ricordano.

E’ morto anche lui di cancro, aveva sessantacinque anni e ancora tanta voglia di fare.

Si chiamava Mario Vendittelli e aveva lavorato per me, in subappalto, più o meno continuativamente per quasi vent’anni, sino a che non gli subentrarono i figli dopo che lui non stava più tanto bene fisicamente.

Era il classico esemplare dell’operaio intelligente e ambizioso che dopo essere stato per un po’ dipendente, fa il grande salto e si mette in proprio.

Esattamente il tipo di lavoratore che riesce a tenere in piedi l’Italia e di cui, pur diminuendo, per fortuna ce n’è ancora una quantità abbondante.

Sono queste le persone, che, disposte a qualsiasi sacrificio per lavorare e per espandersi, che hanno affrontato periodi particolarmente floridi nei quali gli orari di lavoro erano indefinibili e le feste inesistenti. O difficili, superandoli sempre con lo stesso spirito e con la voglia di ottenere un risultato per se stessi e per le loro famiglie che hanno permesso all’Italia di diventare quella che è ora, non certo la Fiat e i Confindustriali in genere.

Quelle piccole e piccolissime imprese che sono l’ossatura del nostro paese che, essendo partite da zero, non si fermano davanti a nessuna difficoltà.

Lui c’è riuscito e considerando com’era partito, ha lasciato un’impresetta che ormai nel suo campo conoscono tutti e che basta portare avanti con oculatezza e, magari con qualche piccola innovazione, dovuta alle forze fresche e giovani rappresentate dai suoi figli.

Anche in questo è stato un uomo di successo avendo educato i due figli al lavoro e a continuare la sua strada, che di questi tempi è quasi un miracolo, visto le ditte che chiudono per mancanza di ricambio.

Ci saranno sicuramente stati anche molti meriti dei due ragazzi, ma certo, che con l’amore e l’esempio lui ha contribuito moltissimo.

Lo ricordo sino a quattro o cinque anni fa e già non era in salute, perché aveva avuto un ictus, dal quale si era però ripreso molto bene, che, pur essendo in pensione, ancora si andava a cercare qualche lavoretto tutto per lui perché il carattere non si cambia.

Tra di noi ci sono stati esclusivamente rapporti di lavoro durante i quali abbiamo anche litigato in diverse occasioni, per questioni tecniche e qualche volta anche economiche, perché la sua sete di guadagno e di espansione non avevano limiti.

Ci sono stati momenti nei quali sentendomi scavalcato ci sono rimasto abbastanza male, ma che sono durati sempre pochissimo, perché alla fine, l’ho sempre considerato come una persona per bene che lottava per se e per la sua famiglia e che perciò, se anche, ogni tanto, si lasciava andare a un comportamento non proprio perfetto, si poteva comprendere.

In contrapposizione, nel tempo, ricordo numerosi piaceri da parte sua, che, anche se pagati, non tutti avrebbero fatto.

Sono un po’ di anni che non ci vedevamo e quando ieri il figlio Marco mi ha avvertito di quello che era successo, sono rimasto interdetto e non avrei mai pensato di sentire tanto dolore.

Con lui è morto uno che pur non essendolo in senso stretto, potevo considerare un amico, protagonista di una parte piuttosto lunga della mia vita.

Vi chiederete cosa c’entra mischiare la morte di Steve Jobs con quella di Mario Vendittelli, forse niente, ma per me invece loro sono due facce della stessa medaglia.

Uno lo conoscevo bene e perciò sono rimasto colpito dalla sua fine, l’altro fa parte delle persone di un tale livello che le porta a diventare patrimonio di tutti e in ogni caso si conoscono le opere del suo ingegno e di conseguenza anche lui.

In più, pur così distanti per qualità intellettive, per capacità economiche e per cultura, spinti entrambi dal desiderio di successo, hanno fatto tutto quello che potevano per raggiungerlo, riuscendoci e non solo per se stessi.

Jobs che ha fatto talmente tanto, con poco, ha trasformato le idee nuove in realtà, che a detta di tutti, rappresenta il grande sogno americano.

Vendittelli che ha limitato la sua attività a una piccola cerchia di azione ma ottenendo ugualmente quello che voleva, rappresenta un piccolo sogno italiano.

Quantificare i sogni secondo me, però, non è possibile e perciò quello che per molti è piccolo, probabilmente per Mario è stato talmente grande da sembrare, all’inizio, quasi irraggiungibile e ripensandoci, con le dovute proporzioni, è stato effettivamente enorme.

In fondo, a mio modesto avviso, con tutto il rispetto che si deve a uno degli uomini contemporanei più importanti al mondo, i due, sotto certi punti di vista, non sono così distanti.

Dopo tanto lavoro, riposate in pace.

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