INQUIETUDINI IN UNA STRANA GIORNATA AL MARE
- Non lo vedi che il cielo qui non è azzurro……è “celestino”, dice Stefano, mentre in macchina stiamo andando alla Teresitas.
- Bello ieri, allora, con il vento che stracciava le vesti e faceva volare persino le parole.
- Non sto dicendo questo, costato la diversa intensità dell’azzurro rispetto al nostro, il posto comincio ad amarlo ma rimpiango i nostri bei cieli di colori intensi.
Oggi però, è una giornata perfetta per quanto riguarda il tempo e il nostro stato d’animo, siamo stranamente quieti e sereni come tutto intorno, dopo la tempesta di vento di ieri.
Perché qui, anche il vento è diverso, sembra voler sradicare gli alberi dal suolo.
L’oceano sembra un enorme animale vorace e rumoroso che voglia uscire dai suoi confini.
Le chiome delle alte palme sembrano piumini di struzzo in mano a casalinghe impazzite, decise a togliere ragnatele a un cielo senza nuvole.
Oggi invece tutto è simultaneamente calmo.
Guardo l’uomo al mio fianco, anche lui con la sua tempesta non ancora vinta, e lo trovo ancora “bello”, attraente, persino la malattia non è stata troppo invadente.
Compiaciuta, colgo ancora nel suo profilo, la sicurezza del volere, la caparbietà del combattente e questo mi eccita ancora… non solo spiritualmente.
Las Teresitas è quieta, ci accoglie non bizzosa e lunatica come il solito, come, a volte, certe donne capricciose.
E’ strano come a noi due, che abbiamo sempre amato gli scogli, piaccia questo posto; ne parliamo come fosse una persona amica, con la quale ti puoi prendere certe confidenze.
Stranamente, oggi, c’è poca gente, anche sul bagnasciuga, dove, solitamente, si svolgono involontarie gare di podisti seminudi della più svariata umanità, che è uno spettacolo anche quello, per chi sta a guardare sdraiato.
Oggi siamo quasi soli ma noto dei bambini di circa dieci, dodici anni che si rotolano sulla sabbia sino al mare e ridono felici, così “impanati” e liberi dalle raccomandazioni materne.
Nel guardarli, ho subito un flash di Luca che si rotola dalla cima della collina di Filacciano giù sino al fosso, libero e felice che mi grida: “Dai, zia anche tu, anche tu!” ma io avevo già la prudenza stupida e immotivata degli adulti e lo guardavo con un po’ d’invidia e d’apprensione.
Mi causa nello stesso tempo, allegria e malinconia e la costatazione che anche rinsavendo, con lui non potrò più farlo.
Più vicino a noi sono due ragazze down con i loro genitori. Una sta silenziosa e mite sotto il sole, l’altra riescono a farla entrare in acqua e grida in un modo che non si capisce se è per gioia o per paura.
Che strana atmosfera oggi, penso, quando a un certo punto vedo trascinare faticosamente verso il mare da due uomini robusti e attenti, un ragazzo grande, lungo con lo sguardo completamente assente e il corpo abbandonato, senza nessun controllo, un lungo stelo reciso.
Lo sostengono amorevolmente sotto le ascelle e con le punte dei piedi inermi traccia una scia sulla sabbia sino al mare. Un animale marino ridonato al mare, che si spera riprenda a respirare nell’acqua.
Seguo con gli occhi, osservo e spero che sia così. M’immergo anch’io, ma il piacere dei gesti, i colori, la trasparenza, la frescura hanno un confine, una sottile linea che separa, che distoglie.
I familiari però sperano di aver dato qualche minuto di refrigerio al loro ragazzo. Con che affetto e dedizione lo accudiscono, lo portano a peso morto sotto la doccia, lo lavano, lo asciugano, lo cambiano come fosse un bambino.
Sono gesti curati, quotidiani, si capisce dalla coordinazione con la quale sono svolti e dall’amore che li accompagna, che trapela da ognuno di essi, indipendentemente dalla sua incerta capacità di recepire.
L’amore non ha regole né eccezioni, né misura, né logica, può essere una scommessa o un vuoto a rendere, a volte un effetto speciale.
Quando stiamo andando via, nel primo pomeriggio, la spiaggia si sta riempiendo, la brezza che si alza, cancella le scie e le orme sulla sabbia, se ne tracceranno di nuove e poi ancora.
Nel riprendere la strada passiamo come d’obbligo e d’abitudine davanti a due alberi maestosi, praticamente identici, che occupano da soli un grande spazio.
Stanno lì padroni, tronfi, possenti nel tronco e con una chioma enorme, verdissima, perfetta, loro sì… perfetti.
Si fanno ormai, ammirare e salutare come vecchi amici.
Mi affiora nella memoria una frase di non so più quale autore, che dice pressappoco così: “Se le mura delle case fossero tutte verdi e le porte, le finestre fossero tutte verdi e gli occhi degli uomini e infine il mare e il mondo tutto fosse solo verde… chi ci guadagnerebbe in saggezza?”
Al momento in cui è stato scritto, la sensazione di quanto descritto era reale, salvo poi scoprire in seguito e forse lo avremmo dovuto sospettare, che tutta quella quantità di persone con handicap, erano ricoverati in un Istituto specializzato e coloro che li accudivano erano specialisti.
Da tutto ciò derivano due cose:
- Che in quest’isola e non so dire se anche in tutta la Spagna, c’è una cura per le persone in difficoltà che noi in Italia ce la sogniamo.
- Che sono talmente bravi da suscitare sentimenti autentici in chi li osserva, che arriva a scambiarli per familiari degli ammalati, ma anche che, nonostante le nostre vite spesso difficili, ci è rimasta la capacità di saperci commuovere di fronte al coraggio e all’amore.
Tutto ciò è talmente bello e grande da non poter essere
valutato nelle sue dimensioni.
valutato nelle sue dimensioni.

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