lunedì 31 gennaio 2011

CUCU’ di Marcello Veneziani

Ripubblico un articolo di Marcello Veneziani per diversi motivi:
Per il suo valore assoluto almeno a mio avviso, visto che, in mezzo a tutti questi musoni, diventati tutti all’improvviso puritani, che drammatizzano, non disinteressatamente, tutti gli avvenimenti della parte avversa, usare l’ironia verso tutti, credo che sia una boccata di aria pura, per chi non ne può più di vivere in questa cappa di inquinamento non solo dell’aria.
Perché scrive sul Giornale che, essendo dichiaratamente di parte, è letto solo da chi la pensa in un certo modo e invece, secondo me, il contenuto andrebbe diffuso il più possibile, non essendo per niente di parte.
Perché, stranamente, al contrario degli altri suoi articoli, non è stato postato né su facebook né su twitter, forse perché giudicato troppo distante dalla linea editoriale.
Dubito molto che si tratti di una dimenticanza.
Per i non lettori del Giornale, buona lettura.


CUCU’ di Marcello Veneziani

CIALIS E CILICIO, il lieto fine della telenovela Ruby

Se ci fossero i democristiani di una volta si sarebbe trovato l’accordo,anzi la quadratura del cerchio: Ruby si sposa con il cognato di Fini e va a vivere nella casa di Montecarlo. L’igienista dentale Minetti viene affiancata dall’igienista mentale Binetti per una redenzione di Berlusconi a giorni alternati: tre giorni con il Cialis e tre giorni con il cilicio. Sul piano civile è riconosciuta al Cavaliere la modica quantità di escort -stock di tre la volta-, con diritto al solo palpeggio, più tre barzellette sporche; in cambio contrae matrimonio con Rosi Bindi o la Boccassini, a sua scelta. Casini lascia Azzurra Caltagirone e sposa Marina Berlusconi, così ereditando il Regno. Bondi lascia il Ministero della Cultura a Di Pietro - perché solo chi ne è privo è in grado di apprezzare la cultura - e va alla direzione del TG4. A Emilio Fede viene riconosciuta la legge Bacchelli con un vitalizio di 400 mila euro in fiches. Il doppio per Lele Mora. A Fini viene mantenuta la Presidenza della Camera a patto che assuma anche il ruolo di sotto segretario alla Presidenza del Consiglio, in modo che non potrà più fare l’opposizione. A sua volta Letta viene nominato tutore del piccolo Silvio.
Ai magistrati viene offerto il ritiro totale della riforma della giustizia, un cospicuo aumento di stipendio, multi proprietà ad Arcore e Villa Certosa con annessa ricreazione, più un programma di intrattenimento in Tv, “Toga a Toga”, dove esprimere il proprio protagonismo. In cambio intercetteranno telefonate solo per curiosità personale. Santoro è nominato Presidente della Rai, Lerner direttore generale, Veltroni alla fiction e la suocera di Fini alla direzione di Raiuno. Bersani va alle Authority e Vendola alle Pari Opportunità. Per non lasciare Napolitano con lo scuorno, gli è offerto un pacchetto giovinezza per i 150 anni dell’Italia, con un trapianto di capelli alla Garibaldi, labbra siliconate alla Veronica e lifting per cancellare ogni neo o residuo di comunismo.
Il Paese torna in pace e le forse politiche giulive chiedono in coro elezioni posticipate. Viva l’Unità, poi ciascuno aggiunga quel che vuole: d’Italia, della Padania, di Concita De Gregorio.


Marcello Veneziani - Bisceglie, 1955,
laureato in filosofia, inizia la carriera di giornalista nel 1979 nella redazione barese del quotidiano Il Tempo.
Redattore del giornale radio RAI di mezzanotte, prende parte a vari programmi televisivi e da vent'anni collabora come commentatore della RAI.
Dal 1979 ad oggi ha pubblicato una quantità notevole di libri tra cui molti saggi per lo più politici.

sabato 29 gennaio 2011

LA MALATTIA E LA DIGNITA’

LA MALATTIA E LA DIGNITA’
Una mela al giorno toglie il medico di torno.
Forse sarà una mela stregata. La mela di Biancaneve. Non le amo molto, ma se esistesse sul serio, sarei disposto ad accettare qualsiasi conseguenza, anche la più spiacevole.
Purtroppo, pur non stimandoli, almeno quasi tutti e non essendo affatto convinto che, spesso, il loro operato risolva i problemi, è praticamente impossibile eliminarli dalla nostra vita.
Prima mi sembravano matti, ma ora riesco a capire quelle persone che ricorrono a cure alternative, non riconosciute dalla scienza medica ufficiale, magari in paesi esotici.
Non credo che io ci proverò mai, ma, solo perché non credo che siano migliori dei nostri, pur riuscendo a giustificare che qualcuno, esasperato, rincorra una speranza, pur essendo spesso coscienti, che non porterà risultati concreti, ma, in certi casi, un’illusione,  ha il suo valore e può fare la differenza tra desiderare di vivere o di morire.
Sinceramente sottopormi a danze di sciamani, a bere miscugli, con pelli di serpente, uova di coccodrillo, code di lucertola, erbe sconosciute e  sangue di vergine, il tutto in un liquido bollente nerissimo, non lo trovo, solo illogico e inutile, ma soprattutto troppo comico, per me, oltre che un po’ ributtante.
Non potrei resistere serio e questo potrebbe anche essere una cosa gradevole, ma non so come la prenderebbero  chi me la propina e in genere si tratta di gente nervosa.
Non vorrei che, magari, sbagliassero la formula o la grammatura di uno dei componenti e invece di guarirmi mi trasformassero nella bella addormentata nel bosco o peggio  in un rospo, anche perché sono certo che, nel mio caso, il principe azzurro o la principessa non arriverebbero mai, perché il tempo dei baci, ho paura che sia finito, almeno quelli di un certo tipo, e che non ritornerà.
A pensarci bene però, questi almeno ti fanno ridere, come i guaritori asiatici, quasi tutti mistificatori, i nostri, in genere, se sai leggere tra le parole, ti tolgono anche quasi tutte le aspettative pur tentando, secondo loro, di rassicurarti.
Per chi sta come me, con il passare del tempo, la convinzione di poter guarire prescindendo dai medici si riduce praticamente a zero, ma il brutto è che, dopo un po’, cominci a pensare che, anche con il loro contributo, le cose potrebbero non cambiare di molto, basandomi sui risultati ottenuti.
Hanno tutti un atteggiamento di sicurezza, certi di quello che dicono, almeno apparentemente e anche quando sono più sinceri e mettono in questione, non tanto se stessi, quanto i limiti della medicina, accettano mal volentieri che si possa discutere la terapia o la prognosi, anche se c’è chi, come me, si è abbondantemente documentato e non dice cose completamente illogiche.
Dall’alto della loro scienza, non possono accettare che, i loro lunghi studi, possano essere messi in dubbio da una persona, che nella vita ha fatto tutt’altro e, neanche  il fatto di stare male ed  essere perciò il diretto interessato, la può giustificare ai loro occhi.
Si dimenticano che, spesso il paziente, non sa bene come curarsi, ma sa, sicuramente meglio del medico, i suoi sintomi e spesso, anche se una medicina è efficace oppure no, almeno, dopo averla provata.
Insomma credo che il medico abbia bisogno del paziente e il paziente del medico per fare un buon lavoro e se la maggior parte dei dottori capissero questo, forse qualche risultato migliore si otterrebbe.
Sempre che il paziente sia ancora “paziente”, perché solo chi ha dovuto, per necessità, frequentare la sanità in generale, può rendersi conto di quanto la tolleranza sia difficile da controllare e da conservare.
Tuttavia, la sopportazione ha sì un limite, ma è sistematicamente superato e perciò il povero malato, si trova in bilico tra continuare a accettare certe cure che spesso sono torture, oppure fregarsene di tutto, succeda quel che succeda.
Di solito, finiamo per sorprenderci, ogni volta, di quello che riusciamo a sopportare, di una capacità di adattamento, che non avremmo mai neanche sospettato di possedere.
Insomma il luogo comune che dice: quando c’è la salute c’è tutto è abbastanza vero, anche se, non è vera la logica deduzione che, quando non c’è più, non ci resta niente.
L’uomo è adattabile più di quanto si pensi e me ne sto accorgendo, facendone le spese personalmente.
Più vieni privato di alcune abilità e più ne scopri altre che pensavi di non avere e  che, bene o male, riescono a riempirti la vita, questo almeno sino a che riesci a mantenere la lucidità, l’intelligenza.
Giorgio Gaber diceva in “Quello che perde i pezzi”: Alla fine mi è rimasto un gran testone e un testicolo per la riproduzione.
Sinceramente non saprei dire, e spero di non scoprirlo mai, cosa succederebbe se, invece, il cervello cominciasse a non funzionare come prima.
Così, a freddo, senza essere direttamente coinvolto, direi che un uomo è tale, sino a che è in grado di pensare, anche se non mi sento di sostenerlo come certezza assoluta, perché noi non siamo solo intelligenza, siamo anche sensazioni fisiche, che spesso si tramutano in sofferenza o in felicità nelle quali l’intelletto c’entra poco.
Sarà capitato a tutti di trovarsi in una condizione di beatitudine, solo per aver potuto godere del primo sole caldo dell’anno, magari stando sdraiato su una spiaggia, senza pensare a niente ma, anche, in altri casi,sentirsi in uno stato sgradevole sino a raggiungere il dolore fisico.
Sempre più mi rendo conto, andando avanti con l’età, di non essere solo cervello, malgrado quello che ho sempre pensato, ma che il corpo è una parte, non solo importante, ma a  volte decisiva, per la qualità della vita e che certe sensazioni, in qualche caso, sono in grado di influenzare anche decisioni ragionate.
Insomma quanto di istinto, di animalesco, con tutto il rispetto per gli animali, è rimasto in noi, dopo millenni di evoluzione ed emancipazione della razza umana?
Difficile a dirsi, perché certi comportamenti sono difficili da definire in modo assoluto, alcune reazioni che abbiamo, quanto ci vengono da un ragionamento o almeno dal filtro della mente e quanto da un istinto che risponde solo ad un impulso irrefrenabile, sia in senso negativo che anche positivo?
Certe reazioni violente o certi slanci amorosi, spesso non ci danno nemmeno il tempo di pensare e finiamo per prenderne atto e giudicarli dopo che sono già avvenuti.
Riflettendo, quello che ho sempre ritenuto, il minimo  irrinunciabile, per considerare l’esistenza meritevole di essere chiamata vita e soprattutto ancora degna di essere vissuta, sposta i suoi confini sempre più avanti e le richieste continuano costantemente a diminuire.
Continuando la riflessione, la conseguenza logica sarebbe che se sei vivo,qualunque sia la tua condizione, è comunque vita.
Chiarisco che questo è un  pensiero assolutamente laico e che le convinzioni religiose non c’entrano niente e non influenzano per nulla il mio ragionamento.
Credo che quello che faccia la differenza, nel seguire questa strada e crederci profondamente, è l’opinione e l’importanza che ognuno da alla propria dignità.
C’è chi non potrebbe accettare di dover essere assistito in tutto e di non poter più fare niente da solo e non sopporterebbe di assumere un aspetto che di umano manterrebbe molto poco.
Ma c’è anche chi ritiene che qualsiasi condizione  la vita ti abbia riservato è comunque dignitosa e degna di essere vissuta sino in fondo.
Non tanto perché è un dono di Dio, che, per chi ci crede, è fondamentale, quanto perché si tratta della tua vita, di una parte di essa e che avendo vissuto le altre, forse vale la pena di vivere anche questa.
Non c’è vergogna nella malattia, comunque ti riduca.
Non saprei dire cosa sia più giusto e in questo momento credo che sarei più portato a non accettare un eventuale degrado fisico sino a quel punto, ma domani la penserò allo stesso modo?
Quello di cui sono assolutamente certo è che si tratta di una scelta personale nella quale i medici non si devono intromettere, almeno quando si tratti di persone ancora in grado di ragionare, e devono, assolutamente, evitare qualsiasi ingerenza nel cercare di influenzare con la loro tesi.
Nessuno può decidere per te una cosa del genere ed è profondamente ingiusto, anche cercare di influenzarti in un senso o nell’altro, anche da parte di religiosi, perché la vita è tua e solo tu puoi sapere se, per te, vale la pena di continuarla ancora.
Amen. Così parlò Zarathustra. Ma che sono scemo, come mi è venuto in mente di mettermi a fare un discorso del genere?
La tastiera ci è andata da sola su quella strada e mi chiedo perché.
Sono ammalato, ma ancora sufficientemente autonomo, il tipo di malattia che ho non dovrebbe, almeno a breve, portarmi a una delle situazioni descritte e perciò anche a prendere una decisione di quel tipo.
Evidentemente in fondo al mio cervello, inconsapevolmente, covava quel problema irrisolto, che sentiva il bisogno di uscire allo scoperto e di essere affrontato.
L’ho fatto e come in quasi tutte le cose più importanti della vita, non sono riuscito ad arrivare ad una soluzione, che possa essere condivisa da tutti, ad una verità assoluta.
Più ci penso e più mi convinco, che non l’ho trovata perché non c’è, che nessuno può stabilire e definire quale dovrebbe essere il giusto comportamento per tutti, e chi tenta di farlo, magari per legge, anche se mosso da motivi etici ed in buona fede, commette una violenza, degna della peggiore dittatura.
Non si può regolare tutto per legge, perché l’uomo, in certe sue manifestazioni, non può essere catalogato o condizionato e, qualunque decisione prenda in questo campo, che riguardi se stesso, sarà comunque quella giusta.








lunedì 24 gennaio 2011

OMAGGIO A MARCELLO VENEZIANI

OMAGGIO A MARCELLO VENEZIANI
Ho letto un articolo di Veneziani, ieri, che, dopo tanto tempo,mi ha riconciliato con la stampa, per come è scritto e per il contenuto.
Lo riporto perché potrei sottoscriverne parola per parola, ma, pur pensandola esattamente così, non avrei avuto la capacità di esprimere quei concetti in quel modo,conciso,ironico e completo.
Forse  non saranno tutti d’accordo, ma trovo che, oltretutto, sia uno dei pochi scritti, da molto tempo, che non sia di parte e che affronti il problema con una visione al di fuori e al di sopra della politica, preoccupandosi solo del nostro paese e del suo futuro.
Buona lettura.

Quando Berlusconi mollerà tirerò un sospiro di sollievo perché i magistrati non avranno più alibi per deci­dere sui governi, la tv, la vita e il voto de­gli italiani
Quando Berlusconi mollerà, tirerò un sospiro di sollievo perché il sesso non sarà più organo di Stato, non andrà più in viva voce nel pianeta, non servirà più per abbattere i governi e far scattare allarmi costituzionali, ma riguarderà so­lo intimi piaceri e vite private. Quando Berlusconi mollerà, tirerò un sospiro di sollievo perché i magistrati mamma san­tissima non avranno più alibi per deci­dere sui governi, la tv, la vita e il voto de­gli italiani. Dovranno occuparsi di giusti­zia e non origliare sesso, dovranno far funzionare i tribunali e non sfasciare i governi.
Quando Berlusconi mollerà, sarò feli­ce perché Di Pietro, l'Italia dei livori, i media e gli altri dovranno trovarsi un mestiere, avendo perso la loro unica ra­gione pubblica d'esistere. E in tv non ve­dremo più Porca a Porca. Quando Berlu­sconi mollerà, sarò felice perché la sini­stra non potrà più campare sulle erezio­ni del premier satiro. Quando Berlusco­ni mollerà, sarò felice perché le Tre Gra­zie Gian Pier Fran, indossatori del Nul­la, dovranno dire da che parte stanno e non potranno più gufare sugli errori e sulle zoccole altrui. La satiriasi è una ma­­lattia ma non vale una crisi al buio che inguaia l'Italia intera. Se Berlusconi è il male, i suddetti sono nell'ordine il Peg­gio, il Vuoto e il Nulla. Il Peggio è il Paese che odia, il Vuoto è la sinistra che man­ca, il Nulla è il terzismo che affumica.
Dicono in coro che ci vuole decoro. Giusto. Ma il decoro è una categoria eti­ca, in parte politica, per nulla giudizia­ria. Non sono i giudici a sanzionarlo. Mi­sura il contegno, non la fedina penale. Se è in gioco la morale si esprimano con­danne morali, non penali né politiche. Perfino Kant diceva «la legge morale dentro di me», mica invocava magistra­ti, gendarmi e parlamento. Il priapismo è un male antico del potere e non è tra i più gravi. E il decoro dei politici non ri­guarda solo i peccati di sesso, ma il ri­spetto dei ruoli e del popolo sovrano, l'uso e l'abuso delle risorse pubbliche, la lealtà. Quando resteranno i decorosi, i decorati, i decoratori, capiremo cosa ci siamo risparmiati in questi anni. Dopo Priapo verranno le mezzeseghe.

Marcello Veneziani.

Credo che averlo ripubblicato sia un’opera meritoria, perché, magari, in molti non lo avevano letto e se, solo una persona si sarà aggiunta, sarà già un contributo importante per la diffusione di una realtà, sia pure riportata ironicamente, così tanto distorta e senza un filo di ironia, un po’ da tutti.