giovedì 30 dicembre 2010

LAS TERESITAS


LAS TERESITAS
 
Una lunga distesa di sabbia bianca a semicerchio, incorniciata tra la strada e il mare da grandi piante esotiche che non saprei descrivere.
Belle.
E’ il 30 dicembre è non fa caldo.
All’improvviso il sole esce dalle nuvole nere, rischiara e scalda tutta la zona, specialmente noi.
Ci sistemiamo su due lettini di fronte al mare.
Sono stanco, il camminare sulla sabbia mi ha tolto le forze, sembra che ogni volta che affondo un piede, questa non me lo voglia restituire.
Il calore aumenta e sembra come restituirmi energia.
Inizio togliendomi il giubbino, poi la maglia di filo e la canottiera e il sole mi colpisce il torace dandomi un senso di benessere un’iniezione di vita.
Tolgo tutto il resto e infilo il costume.
Il mare è calmo come una tavola, perché protetto da una catena di scogli all’imboccatura della baia e limpidissimo nonostante il fondo sabbioso.
Sento il desiderio di fare il bagno, anche se non so se ne avrò la forza.
Immergo prima i piedi e poi piano, piano, vincendo la sensazione di freddo, avanzo fino alla vita e mi lascio scivolare abbandonandomi al mare che mi accoglie teneramente.
Provo con grande difficoltà i primi accenni di nuoto, ma i dolori sono tanti e il corpo sembra rifiutarsi di fare movimenti che sino a poco fa erano naturali.
Continuo a farmi cullare dall’acqua e riprovo sempre più lentamente qualche bracciata, qualche battito di gambe e,lentamente, ricomincio a ritrovare certi meccanismi ormai istintivi, come riprendere la bicicletta dopo tanti anni.
I dolori ci sono ancora, ma diminuiti, sopportabili.
Il freddo è completamente sparito anzi, pur bagnato sento di nuovo caldo.
Se chiudo gli occhi mi sembra di essere d’estate.
Dopo il bagno mi stendo al sole che sento penetrare sin dentro di me, dandomi un placido piacere, una linfa vitale che non sentivo da tanto.
Non faccio in tempo ad asciugarmi completamente che già, sebbene a occhi chiusi, sento il cambiamento di temperatura.
Il sole si è di nuovo nascosto dietro a nuvoloni che non promettono niente di buono.
Infatti, dopo poco, inizia una pioggerellina fitta e fine, che se facesse più caldo sarebbe anche piacevole, ma così, dichiara la fine della giornata di mare.
E’ durato poco ma è stato moltissimo per me, Teresita, non so da chi tu abbia preso quel nome, chiunque sia stata, doveva essere veramente dolce, accogliente e carezzevole o almeno così io ti ho vissuta.



mercoledì 29 dicembre 2010

GIOVANNI MOSCA


GIOVANNI MOSCA
Roma 14 luglio 1908 – Milano 26 ottobre 1983
Continuando la serie della riscoperta dei grandi autori italiani, se non proprio dimenticati, almeno accantonati, oggi mi sono svegliato con il desiderio di presentarvi o ricordarvi per chi già lo conoscesse, mediante qualche stralcio di suoi scritti, di un altro grande della letteratura umoristica e non, vignettista, caricaturista, direttore di giornali e giornalista affermato su varie testate compreso il Corriere della Sera, abile traduttore dal latino.
In questo caso ho tralasciato tutta la parte umoristica proponendovi solo il Mosca poetico, tenero, magari la prossima volta vi presenterò l’altra faccia del grande autore.
Niente a che vedere con i figli, pur bravi, ma, con tutto il rispetto, molto lontani dalla grandezza del padre.
Siete mai tornati, da grandi, nella vostra antica scuola elementare?
Io sì, la rividi, l'altr'anno, dopo tanto tempo, la scuola dov'ero stato prima alunno, e poi insegnante: la bibliotechina, il salone, i maestri...
La bibliotechina sempre la stessa, con gli stessi libri, con l'autore e il titolo scritti in bella calligrafia: "Ida Baccini – Tonino in calzoni lunghi", "Emma Perodi – Le novelle della Nonna", "Collodi nipote – Sussi e Biribissi", "Epaminonda Provaglio – Frullino, ovvero la Trottola meravigliosa".
Libri mai letti, sempre desiderati, ma venivano dati in lettura solo ai più bravi della classe, e io non ho mai potuto sapere chi fosse Frullino, e che cosa facesse con quella sua trottola meravigliosa.
Lo sapeva Marini, il mio compagno di banco, che aveva dieci in condotta e nove in profitto, e ogni settimana leggeva, per premio, un libro della bibbliotechina.
«Chi è Frullino?» gli domandavo.
«Che fa con la trottola meravigliosa?»
Ma chi ha dieci in condotta non parla mai con i compagni, e Marini non mi rispondeva: se insistevo, alzava la mano e m'accusava presso il maestro.
Oggi Marini fa il droghiere.
Qualche volta lo vado a trovare, mi riceve cordialmente, mi dà gratis un bicchiere di citrato o un po' di polpa di tamarindo, ma non mi dice niente di Frullino e della trottola meravigliosa: e adesso, non perché non me lo voglia dire, ma perché non se ne ricorda più.
I contenuti:

"Io vi parlo qui del tempo in cui, ragazzi, andavamo a scuola; del tempo che vorremmo tornasse, ma è impossibile.
Dei sogni, delle speranze che avevamo nel cuore; della nostra innocenza; delle lucciole che credevamo stelle perché piccolo piccolo era il nostro mondo, basso basso il nostro cielo.
Vi parlo delle stesse cose che voi ricordate, e se ve le siete scordate v'aiuto a ricordarle.
Di quelle cose perdute che voi ora ritrovate nei vostri figli e vorreste-tanto sono belle-che non le perdessero mai.”
"Che cos'è la menzogna? Che cos'è la verità? Siamo sicuri che sia sbagliato scrivere "Ottimo padre di famiglia" sulla tomba di chi batteva la moglie e appendeva i figli ai ganci?
Chi è cattivo? Chi è buono? (...)
Guarda i fiori di questa mia tomba e di quella vicina".
Simone guardò i fiori e vide che erano uguali: "Eppure nella mia giace un cattivo, nella vicina un buono.
Perché dai loro corpi nascono gli stessi fiori?
Perché dello stesso vivo colore e dello stesso gradevole profumo sono i fiori spuntati dalle mani che batterono la moglie e dalle mani che l'accarezzarono?
Io medito l'Inferno, tu pensi al Paradiso, dai nostri due cuori nasceranno le stesse violette."

dal libro "Non e ver che sia la morte"
 Racconto - I colori dell’autunno


L'estate fresca e piovosa non ha ingiallito la campagna e le poche foglie appassite tendono, sugli orli, al rosso e al violetto.
Limpida l'aria, nitidi i colori: un autunno che sembra primavera.
Bianche nuvole corrono per il cielo luminoso, lungo le siepi ronzano ancora le api e fioriscono le rose selvatiche, ma all'orizzonte è in partenza una nera fila di uccelli fuggenti l'inverno in agguato.
La primavera non ha, nelle foglie, che un colore: il verde.
L'autunno, tranne il verde, li ha tutti vivi e caldi quasi dovessero durare chi sa quanto, e invece sono il breve riaccendersi dei colori dei fiori, il cui giallo, il cui rosso, il cui azzurro, il cui viola rivivono per qualche giorno nelle foglie moribonde.
Quegli alberi, in ottobre, d'un giallo accecante, sembrano una fiamma nel punto in cui s'accende.
Torni a vederli di lì a pochi giorni e non trovi che stecchiti legni neri, come una casa dopo l'incendio.

Che ve ne pare? Forse vi aspettavate cose più allegre?
La malinconia ha un suo valore importante almeno quanto la capacità di far sorridere la gente e Lui è stato capace di far ridere generazioni di lettori.
Pensate solo che I personaggi che sino ad ora vi ho illustrato, sia pure marginalmente, hanno quasi tutti collaborato insieme, da Guareschi a Campanile a Mosca a Leo Longanesi a Mino Maccari a Fellini e Flaiano.
Immaginate un attimo quanto si devono essere divertiti .
Per non lasciarvi con una sensazione d’inquietudine vi riporto delle frasi di Mino Maccari alcune delle quali sono diventate famose.
Inutile dire che Maccari è più famoso come pittore e caricaturista, ma anche come umorista si difendeva secondo me, giudicate voi.
  • "Ho poche idee, ma confuse". (cit. in Ennio Flaiano, Diario notturno, 1956) 
  • Lo sport è l'unica cosa intelligente che possono fare gli imbecilli. 
  • Il male di moltissimi cattolici è che somigliano maledettamente ai protestanti. 
  • Per tutti i dentisti propongo la fucilazione.
  • L'unico modo di incoraggiare l'arte è quello di scoraggiarla. 
  • Le macchine si perfezionano, e gli uomini rimbecilliscono. 
  • Ogni imbecille tollerato è un'arma regalata al nemico. 
  • Conosciuti bene i furbi ci si vanta di essere fessi. 
  • L'attività del cretino è molto più dannosa dell'ozio dell'intelligente. 
  • Largo ai giovani! Un bel complimento davvero! Largo si fa ai vecchi.  
  • Del successo occorre considerar la natura, non il rumore. 
  • Giovani non si nasce, si diventa. 
  • Faiblesse oblige 
  • La vita è segno. 
  • Un pugno d'uomini indecisi a tutto. 
  • Non sapendo dipingere, si valeva del suo colore politico.
  • Non sappia la tua sinistra ciò che fa la mia destra. 
  • Non è onesto che tu sia così onesta con me. 
  • E fu così che io persi la sua verginità 
  • E lei, professore, mantenga le promosse! 
  • Epitaffio: "Nacque, nocque". 
  • Dopo aver trovato, è allora che bisogna cercare.

E per finire:

Caro Flaiano, giù le mani dai miei taccuini e dimentica il mio numero telefonico.
Se mi vuoi, scrivimi una lettera: il telefono non fa per noi: quel filo maledetto ci lega a una società che disprezziamo e che fa di tutto per ingrassarci nel lardo.

(Con irriverenza parlando)


martedì 28 dicembre 2010

HO SPOSATO UNA CORNICIAIA


HO SPOSATO UNA CORNICIAIA 
La mia signora fa la corniciaia, nel senso delle cornici per quadri, non solo le vende ma le fa materialmente.
Compra le aste dalle fabbriche e le taglia, le unisce, le stucca, le monta con contorno di passe-partout e accessori vari.
Quando ha iniziato, più di trent’anni fa, era un lavoro artigianale tipicamente maschile e ancora adesso non so se ci siano, almeno a Roma, donne che lo svolgano almeno in quel modo.
Magari accolgono e consigliano i clienti, trattano, ma il lavoro materiale lo lasciano ad altri, quasi tutti maschi.
Il merito o la colpa dell’inizio di tutto questo è tutta mia, che la spinsi a provare, dato che mia madre già aveva un laboratorio nel quale però lavoravano operai.
Anche all’epoca non era facile trovare lavoro per i giovani e lei, che avrebbe dovuto fare la maestra, accettò di iniziare quest’avventura pensando che non sarebbe durata a lungo, anche perché non aveva alcuna esperienza d’incarichi manuali e tanto meno di cornici.
Indovinate un po’?
Oggi fa ancora la corniciaia e questo lavoro è diventato una parte importante della sua vita.
Ci si è dedicata con tutta se stessa ed è riuscita a nobilitarlo sino a trasformarlo, almeno in alcune sue parti, quelle meno manuali e ripetitive, da artigianato ad arte.
Ricevendo, in questo senso, una serie di riconoscimenti dalla clientela, che, nel tempo, man mano che si spargeva la voce sulla sua bravura, era formata da gente sempre più famosa.
Potrei fare un lungo elenco di persone molto conosciute che vanno da importanti cariche militari, a politici, a personaggi dello spettacolo, a giornalisti, scrittori, professori universitari e medici importanti, oltre alla gente comune, che entra in un negozietto di circa 20 metri quadrati, perché c’è lei.
Ci ha messo di suo, oltre a una sconfinata volontà e fantasia, il gran gusto per l’estetica e il rispetto per le epoche e i relativi stili, che ha acquisito molto bene e molto in fretta, documentandosi, ma anche la capacità innata nel giusto accoppiamento dei colori.
Alla sua entrata, sono spariti quasi subito i vecchi operai e ne ha acquisito uno nuovo che ancora adesso, da anziano, collabora per toglierle, sotto controllo, per quanto gli riesce ancora, i lavori più pesanti, ma ha conservato per lei tutti i lavori di rifinitura, dove il gusto e l’abilità nella precisione sono fondamentali.
Quasi subito il laboratorio rimase interamente nelle sue mani, perché mia madre, non solo si era stancata, ma aveva altri problemi cui pensare e glielo cedette dopo circa un anno.
Oltre al lavoro, il suo più grande successo è stata la capacità di istaurare un rapporto di amicizia alcune volte molto stretto, altre più superficiale, con la maggior parte dei clienti e anche con le seconde generazioni, figli e nipoti. 
La sensazione che si ha, se si rimane un po’ a osservare all’interno del negozio, è che la maggior parte della gente entri non tanto per fare delle cornici che diventano un piacevole pretesto, ma per rivedere lei, La Corniciaia e farci un po’ di salotto.
Chi non ci conosce, pensa che una donna così debba essere imponente e magari un po’ bruttina, nella realtà è piuttosto carina, a mio avviso, bella (ma io sono partigiano e non faccio testo) e di conformazione media per la sua generazione.
Infatti, i rapporti amichevoli di cui parlavo prima, maggiormente si sono realizzati con donne o con uomini troppo anziani o troppo giovani, per il timore di dare confidenza a chi potrebbe intenderla in modo diverso.
Non so se dopo tanti anni, dentro di lei ci siano dei rimpianti per quello che poteva fare e non ha fatto.
Vi assicuro che aveva le qualità per realizzare molte cose bene, quasi tutte di natura artistica, anche se sarebbe stata portata anche a insegnare, specialmente ai bambini, ma forse, anche quella professione, fatta come si dovrebbe, è un’arte.
Quello che so è che, ora, avendo raggiunto,pur non dimostrandola, l’età della pensione, non mi sembra, anche se, se ne è parlato ripetutamente, intenzionata a lasciare il lavoro, almeno per il momento.
Dice di voler smettere, ma non inizia alcuna attività conseguente, atteggiamento che mi fa concretamente pensare, che per ora non voglia perdere la sua indipendenza economica, giacché le pensioni degli artigiani sono misere e soprattutto il rapporto con la gente che, teme, gli mancherà molto.
Queste sono mie analisi comunque, perché, esplicitamente, il problema, almeno da parte sua, non è mai stato approfondito fino ad ora ed io non voglio forzarla in alcun modo, perché è giusto che della sua vita decida lei e perché nelle condizioni in cui sono, non le posso assicurare un futuro, non tanto economico quanto di presenza.
Se fossi in lei non avrei alcun timore ad affrontare una nuova vita, perché per il tipo di carattere che ha, molto portato ai rapporti umani e molto disponibile verso gli altri (anche troppo, secondo me), non avrà alcun problema a crearsi una nuova cerchia di amicizie e degli interessi magari diversi da quelli attuali.
Spesso molti, compresa lei, si lamentano che il tipo di vita che fanno, non permette loro di sviluppare alcune passioni di cui sentono la mancanza, poi quando potrebbero, c’è spesso qualcosa che li frena.
Di solito quel qualcosa siamo noi stessi, forse per timore, per insicurezza, qualche volta per stanchezza, ma non è il suo caso.
Credo che c’entri molto il timore e l’insicurezza, che,nel caso specifico, sembrerebbe assolutamente incomprensibile, perché una donna che è, come lei, riuscita nel lavoro, che ha saputo fare la moglie molto bene, attirandosi l’affetto della suocera, che certamente vuole bene e stima più lei di me, e non solo, anche degli altri familiari e degli amici, dovrebbe aver acquisito una consapevolezza tale da non intimorirsi di fronte a nulla.
Purtroppo le paure sono dentro di noi e sempre più spesso non hanno niente a che fare con la logica e con la ragione.
Sono animalacci che si nascondono in luoghi bui della mente, sempre pronti a uscire quando meno te lo aspetti, per complicarti la vita che altrimenti sarebbe troppo semplice (secondo loro…).
Come ho detto, non voglio entrare in questo tipo di decisioni, posso solo dire:
“La vita è bella, amore mio, affrontala a viso aperto come hai sempre fatto, senza timori. Hai dimostrato di esserne capace, si tratta di riconoscersi le proprie qualità e di guardare al futuro come una nuova opportunità, destinata a essere afferrata. Non c’è limiti di età per questo, se veramente si vuole, visto che i mezzi ce l’hai”.
E’ vero ho sposato una corniciaia che è però anche una gran donna e lo sarebbe stata qualsiasi cosa si fosse messa a fare.
Donne belle e interessanti ne ho viste e conosciute tante, qualcuna ogni tanto l’ho guardata un po’ di più, ma dopo oltre quarant’anni, sono felicemente ancora qui e non cambierei con nessun’altra al mondo.
Forse non sarò molto importante, sicuramente nella vita non ho ottenuto quello che avrei potuto e dovuto, ma un amore così totale, convinto e indubitabile dovrebbe darti la forza che forse stai cercando in te stessa.
Tu sai che nonostante i miei problemi io vivo come se domani dovessi ricominciare tutto da capo, con lo stesso entusiasmo e la medesima volontà che ho sempre avuto.
Spero che questo ti possa essere d’aiuto, perché pensandoci bene, la vita è esilarante e  domani sarà un giorno indimenticabile. 




  

 

lunedì 27 dicembre 2010

MIA MADRE NON MI BUSSA ALLA PORTA, MA E’ TESTIMONE DI GEOVA


        MIA MADRE NON MI BUSSA ALLA PORTA, MA E’ TESTIMONE DI GEOVA



Mia madre è testimone di Geova.
Vi chiederete com’è possibile che alla mia veneranda età possa avere ancora la madre viva.
Non solo è viva e vegeta, ma nonostante i suoi molteplici acciacchi, è ancora in gamba, autonoma e battagliera, per quello che le è permesso dalla sedia a rotelle o dal girello dove è costretta.
Le signore di quella generazione (87 anni compiuti) sembrano indistruttibili e, in qualche caso, granitiche e irremovibili.
Ha letto quello che ho scritto sul diritto dell’uomo a giudicare e, nonostante i miei sessantacinque anni, mi sono preso una ramanzina che era anche un po’ un anatema, che pressappoco diceva:
“Il giudizio è una prerogativa di Geova e, alla fine, arriverà per tutti, anche per te e ti sarà chiesto conto per esserti arrogato il diritto di appropriarti di una Sua peculiarità.”
Obbiettivamente questi testimoni di Geova non mi sono mai stati molto simpatici, perché delle persone che, oltre al resto, sarebbero capaci di far morire un loro congiunto, ma anche se stessi, pur di non fargli fare una trasfusione di sangue, solo per seguire alla lettera una frase contenuta nella Bibbia, non mi appaiono molto ragionevoli.
Quando poi, quelle poche volte che ho avuto occasione di parlarci, fai presente loro, frasi talmente dettate dal momento storico e dalle conoscenze dell’epoca e che adesso non potrebbero essere più prese per concrete, tipo “ Fermati o sole” e altre che conosciamo tutti, danno risposte evasive.
Chiunque prenda alla lettera le parole di qualsiasi libro, fosse pure la Bibbia, non mi sembra che abbia il diritto di essere preso seriamente in considerazione.
Sono contento, lo stesso che mia madre abbia abbracciato questa religione, perché vedo che le da serenità, che le persone che frequenta sembrano brava gente, che non le chiedono soldi e perciò non nascondono fini diversi e se è contenta lei tanto più lo sono io, che mi guardo bene da intraprendere discussioni con lei, sull’argomento.
Tra di noi, non c’è mai stato un grande rapporto affettivo, almeno dimostrato apertamente, per vari motivi antichi mai veramente superati, ma siamo pur sempre madre e figlio e con l’andare degli anni anche i dissapori, pur riemergendo talvolta, sono sopiti quel tanto che permette una discreta relazione.
A seguito di tutto ciò, ho sentito il desiderio di una risposta, anche se, non credo che gliela farò mai leggere. 
NON MI CREDO DIO, MALGRADO LA SIMPATIA PER WOODY ALLEN
Dopo aver letto quanto da me scritto, mi viene contestato che sia lecito solo al Creatore di giudicare le persone e mi chiedo, razionalmente, come questo sia materialmente possibile.
Nella vita gli incontri, le vicissitudini, i comportamenti propri e di tutti quelli che frequentiamo o con i quali abbiamo avuto comunque rapporti, sono soggetti a giudizi a volte volontari, spesso spontanei e istintivi.
Mi chiedo, se non fosse così, come faremmo a evitare brutte esperienze e cattive azioni dal prossimo, se prima non avessimo inquadrato il singolo e perciò giudicato se è da frequentare o da evitare.
Purtroppo la vita è tutto uno slalom, nel quale o s’impara alla svelta a evitare gli ostacoli pericolosi, o le delusioni, i dolori e le amarezze saranno all’ordine del giorno.
Non trovo per nulla piacevole sbattere il viso contro un muro, perciò considero come un’autodifesa evitarlo.
Sebbene, pur stando sempre molto attenti, capita a volte, che il viso lo sbatti lo stesso, magari su un vetro trasparente, perché non sempre gli ostacoli si manifestano esplicitamente, spesso sono ben mascherati e non è così facile riconoscerli.
Solo il fatto di dire che una persona non si è comportata bene anche solamente in una sola circostanza è un giudizio, anche se non è il Giudizio Universale.
Giudicare non vuol dire punire o premiare in assoluto, anche se chi ti ha fatto del bene se puoi lo aiuti o lo premi in qualche modo e viceversa per chi si è comportato all’opposto.
Mi riferisco naturalmente a manifestazioni della vita terrena, che poi è quella che veramente conosciamo, per quanto riguarda l’aldilà, invidio chi ha certezze assolute, ma io, pur essendo credente, non me la sento di affermare cose che non ho vissuto e che nessun altro è tornato indietro a raccontarci.
La fede è un grande dono, a patto che non si trasformi in una cosa che, presa troppo alla lettera, limiti la capacità di riflettere, di farsi domande, di darsi risposte, perché, se no, il libero arbitrio a cosa si riduce e perché ci è stato donato?
Se scegli di comportarti in un certo modo è perché hai giudicato che quel modo è quello giusto per te.
Si tratta di un giudizio?
Questo poi si allarga alle persone che ci circondano, perché se ritieni che una certa azione non va fatta perché scorretta, la conseguenza è che chi la fa non si comporta bene.
Ho l’impressione che così stiamo dando un giudizio.
Naturalmente non esiste niente di più soggettivo, infatti, si tratta di opinioni personali, che non è detto che siano giuste o che perlomeno lo siano in assoluto, ma su alcuni valori, i più importanti, che sono alla base della convivenza civile e della morale, credo che, non solo sia giusto e un diritto schierarsi contro chi non li rispetta, ma sia oltretutto un dovere verso te stesso e chi ti circonda.
Io, che nella vita ho tanto peccato, da qualcuno sarò stato giudicato, magari anche da mia madre e lo trovo anche giusto, perché attendere che lo faccia Geova, oltre a stancante, magari potrebbe essere troppo tardi.

domenica 26 dicembre 2010

LEO LONGANESI - AFORISMI


LEO LONGANESI - AFORISMI
  • Il signore è uscito a sinistra, ma torna a destra per       l’ora di pranzo: telefoni più tardi
  • La Natura ha strane leggi, ma lei, almeno le rispetta. 
  • Non datemi consigli! So sbagliare da solo. 
  • Tutto ciò che non so l’ho imparato a scuola.
  • I filosofi, è cosa strana, non capiscono nulla di arte,mentre gli artisti capiscono assai di filosofia: segno è che l’arte è anche filosofia, ma la filosofia non è arte. 
  • Alla manutenzione, l’Italia preferisce l’inaugurazione.(Milano, 3 agosto 1955) 
  • Buoni a nulla, ma capaci di tutto. (Milano, 29 marzo 1955) 
  • Chi rompe, non paga e siede al governo. (Milano 4 ottobre 1956)
  • I debiti di riconoscenza si pagano entro le  ventiquattro ore con l’antipatia. (Milano, 28 agosto 1953) 
  • I problemi sociali non si risolvono mai: invecchiano,passano di moda e si dimenticano. 
  • I ricordi si interpretano come i sogni. (Milano, 28 marzo 1955) 
  • Il contrario di quel che penso mi seduce come un mondo favoloso. (Milano, 12 maggio 1948) 
  • In Italia, tutti sono estremisti per prudenza. (Milano, 19 febbraio 1956) 
  • L’arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chiamati. (Milano, 3 giugno 1956) 
  • L’italiano non lavora, fatica. (Roma, 1° luglio 1953) 
  • La virtu' affascina, ma c’è sempre in noi la speranza di corromperla. (Milano, 1° aprile 1955) 
  • Montanelli: un misantropo che cerca compagnia per sentirsi più solo. (Milano, 27 marzo 1955) 
  • Non è la libertà che manca; mancano gli uomini liberi. (Milano, 8 gennaio 1957) 
  • Non si ha idea delle idee della gente senza idee. 
  • Quando suona il campanello della loro coscienza, fingono di non essere in casa. (Milano, 20 gennaio 1951) 
  • Un vero giornalista: spiega benissimo quello che non sa. (Milano, 22 marzo 1957) 
  • Un’idea che non trova posto a sedere è capace di fare la rivoluzione. 
  • Una società fondata sul lavoro non sogna che il riposo. (Milano, 18 febbraio 1957) 
  • Bisogna trovare un fratello al Milite Ignoto. (26 luglio 1938) 
  • È meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità. (Roma, 4 novembre 1944) 
  • Il napoletano non chiede l’elemosina, ve la suggerisce. 
  • La carne in scatola americana la mangio, ma le ideologie che l’accompagnano le lascio sul piatto. (Napoli, 14 gennaio 1944) 
  • La noia segue l’ordine e precede le bufere. (22 marzo 1938)
  • La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia. (Roma, 26 novembre 1945) 
  • Le apparenze hanno per me uno straordinario valore e giudico tutto dall’abito... ho il coraggio di essere superficiale. 
  • Non c’è posto per la fantasia, ch’è la figlia diletta della libertà. (Napoli, 9 dicembre 1943)   
  • Non bisogna appoggiarsi troppo ai princìpi, perché poi si piegano. 
  • Non sono le idee che mi spaventano, ma le facce che rappresentano queste idee. (Roma, 9 ottobre 1944) 
  • Se le religioni fossero molto chiare perderebbero, coll’andar del tempo, i credenti.   
  • Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia. (Roma, 19 agosto 1944) 
  • Sono un carciofino sott’odio. (11 dicembre 1938) 
  • Sono un conservatore in un Paese in cui non c’è niente da conservare. 
  • Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola. (27 maggio 1940) 
  • Un’idea imprecisa ha sempre un avvenire. 
  • Vissero infelici perché costava meno. (15 marzo 1938) 
  • Veterani si nasce. (15 novembre 1938) 
  • L’intellettuale è uno che non capisce niente, però con grande autorità e competenza. 
  • Sono talmente solo che lo specchio non mi riflette più. 
  • Se c’è una cosa in Italia che funziona è il disordine.

Leo  Longanesi,Bagnocavallo, 30 agosto 1905 - Milano, 27 Settembre 1957.
Giornalista, editore, disegnatore, elzevirista e umorista 
Completamente dimenticato anche lui. Ha scritto un numero considerevole di libri, da solo o in collaborazione con le migliori firme italiane dell’epoca, da Mino Maccari a Vitaliano Brancati e collaborato per anni con Mario Pannunzio  e con Indro Montanelli, consolidando con lui una grande amicizia.

LA QUERCIA DEL TASSO


LA QUERCIA DEL TASSO

Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa.
Anche a quei tempi la chiamavano così.
Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dicono le guide.
Meno noto è che, poco lungi da essa, c’era, ai tempi del grande e infelice poeta, un’altra quercia fra le cui radici abitava uno di quegli animaletti del genere dei plantigradi, detti tassi.
Un caso.
Ma a cagione di esso si parlava della quercia del Tasso con la “t” maiuscola e della quercia del tasso con la “t” minuscola. In verità c’era anche un tasso nella quercia del Tasso e questo animaletto, per distinguerlo dall’altro, lo chiamavano il tasso della quercia del Tasso.
Alcuni credevano che appartenesse al poeta, perciò lo chiamavano “il tasso del Tasso”; e l’albero era detto “la quercia del tasso del Tasso” da alcuni, e “la quercia del Tasso del tasso” da altri.
Siccome c’era un altro Tasso (Bernardo, padre di Torquato, poeta anch’egli), il quale andava a mettersi sotto un olmo, il popolino diceva: “E’ il Tasso dell’olmo o il Tasso della quercia?”.
Così poi, quando si sentiva dire “il Tasso della quercia” qualcuno domandava: “Di quale quercia?”.
“Della quercia del Tasso.”
E dell’animaletto di cui sopra, ch’era stato donato al poeta in omaggio al suo nome, si disse: “il tasso del Tasso della quercia del Tasso”.
Poi c’era la guercia del Tasso: una poverina con un occhio storto, che s’era dedicata al poeta e perciò era detta “la guercia del Tasso della quercia”, per distinguerla da un’altra guercia che s’era dedicata al Tasso dell’olmo (perché c’era un grande antagonismo fra i due).
Ella andava a sedersi sotto una quercia poco distante da quella del suo principale e perciò detta: “la quercia della guercia del Tasso”; mentre quella del Tasso era detta: “la quercia del Tasso della guercia”: qualche volta si vide anche la guercia del Tasso sotto la quercia del Tasso.
Qualcuno più brevemente diceva: “la quercia della guercia” o “la guercia della quercia”. Poi, sapete com’è la gente, si parlò anche del Tasso della guercia della quercia; e, quando lui si metteva sotto l’albero di lei, si alluse al Tasso della quercia della guercia.
Ora voi vorrete sapere se anche nella quercia della guercia vivesse uno di quegli animaletti detti tassi.
Viveva.
E lo chiamarono: “il tasso della quercia della guercia del Tasso”, mentre l’albero era detto: “la quercia del tasso della guercia del Tasso” e lei: “la guercia del Tasso della quercia del tasso”.
Successivamente Torquato cambiò albero: si trasferì (capriccio di poeta) sotto un tasso (albero delle Alpi), che per un certo tempo fu detto: “il tasso del Tasso”.
Anche il piccolo quadrupede del genere degli orsi lo seguì fedelmente, e durante il tempo in cui essi stettero sotto il nuovo albero, l’animaletto venne indicato come: “il tasso del tasso del Tasso”.
Quanto a Bernardo, non potendo trasferirsi all’ombra d’un tasso perché non ce n’erano a portata di mano, si spostò accanto a un tasso barbasso (nota pianta, detta pure verbasco), che fu chiamato da allora: “il tasso barbasso del Tasso”; e Bernardo fu chiamato: “il Tasso del tasso barbasso”, per distinguerlo dal Tasso del tasso.
Quanto al piccolo tasso di Bernardo, questi lo volle con sé, quindi da allora quell’animaletto fu indicato da alcuni come: il tasso del Tasso del tasso barbasso, per distinguerlo dal tasso del Tasso del tasso; da altri come il tasso del tasso barbasso del Tasso, per distinguerlo dal tasso del tasso del Tasso.
Il comune di Roma voleva che i due poeti pagassero qualcosa per la sosta delle bestiole sotto gli alberi, ma fu difficile stabilire il tasso da pagare; cioè il tasso del tasso del tasso del Tasso e il tasso del tasso del tasso barbasso del Tasso. 




Achille Campanile -  Roma 1899 - Lariano 1977



Questi è un altro dei nostri grandi scrittori umoristici parzialmente dimenticati, anche se, nel suo caso, sarebbe meglio definirlo surreale.
Tanti anni fa Flaiano chiese di conoscere Campanile. Senza l’ombra di ossequio, gli disse: Professore lei è il nostro maestro.
Non era un’iperbole e con il plurale intendeva tutta quella generazione di artisti, scrittori e intellettuali italiani che, nella satira e nell’umorismo, avevano trovato il nutrimento ideale per la propria ispirazione creativa.
Che, aggiungo io, sono vissuti in un certo periodo della nostra storia, ma che al momento sembrerebbero non avere successori all’altezza e per questo il desiderio di farli conoscere a chi non li ha mai letti per età o per qualsiasi altro motivo.
A conforto di quelli che avrebbero aspirazioni di seguirne l’esempio riporto una delle centinaia di frasi da lui scritte:
« Un giorno, avendo bisogno di quattrini, mi presentai allo sportello di una banca e dissi al cassiere: "Per favore, mi potrebbe prestare centomila lire?". Il cassiere mi disse: "Ma sa che lei è un umorista?". Così scoprii di esserlo. »


sabato 25 dicembre 2010

GIUDICARE E’ GIUSTO?


GIUDICARE E’ GIUSTO?
Oscar Wilde diceva che solo gli imbecilli non giudicano a prima vista.
Era, sicuramente, una provocazione per tutti quelli che affermano, più che razionalmente, che è vero il contrario.
Mi sto convincendo sempre più, tuttavia, che, pur non essendo una regola fissa, spessissimo la prima impressione, con il tempo, si rivela quella giusta.
Mi succede, sempre più spesso, di notare che molti umani hanno scritto in faccia e nei modi, quello che effettivamente sono dentro e, spesso si riesce a coglierne la vera natura.
In particolare quando si tratta di persone non più giovani, malgrado queste siano molto più brave a mimetizzarsi, visto che, a mio avviso, c’è del vero nel luogo comune che sostiene come, da giovane si ha la faccia che ti ha dato la natura e da vecchio, quella che meriti.
E’ sicuramente una frase fatta, ma l’esperienza mi ha insegnato che il suo contenuto, si avvicina molto alla realtà.
E’ un fatto istintivo, solitamente di pelle, quasi animalesco, almeno inizialmente, che in qualche caso ti permette di giudicare spesso giustamente, sebbene le “maschere” siano infinite.
Solo in seguito diventa più razionale e analitico.
Considerando che tutto questo non è un dogma ma soggetto a errori, perfino grossolani, nel tempo, l’ho potuto riscontrare abbastanza fondato ed anche in una percentuale molto alta.
Immaginando, per assurdo, che sia vero e corretto in assoluto, cosa ne deriverebbe?
La deduzione logica sarebbe che ogni individuo nasce in un certo modo e che le maschere, per quanto bene inventate, sarebbero inutili.
La quasi totalità degli psicologi e molti “ben pensanti”, negano che possa essere così.
Sono convinti che non sia possibile intuire e riconoscere l’essere umano nel profondo, se non sondando e indagando a fondo, (non sarà perché sarebbe loro compito?) sostenendo che certi comportamenti negativi, anche criminali, ma anche positivi, derivino, quasi sempre, dalle vicissitudini della vita.
Dall’ambiente dove si è vissuto, all’educazione ricevuta, dalla televisione, agli incontri, dal vicino di casa, al gatto, dai politici al coniuge e avanti così, dando corso alla fantasia, giacché si può aggiungere qualsiasi cosa a patto che la colpa sia sempre di qualcun altro.
Tutto ciò parte da lontano, dal presupposto che c’è una gara nell’affermare che i bambini sono tutti buoni, schietti e diretti, ma, personalmente, ho avuto modo di vederne diversi spietati verso i loro coetanei e verso gli animali, egoisti e ricattatori verso i genitori.
Dicendo questo, mi sono lasciato volutamente prendere la mano, poiché è una cosa che non andrebbe mai detta apertamente per non scatenare l’ira dei cosiddetti esperti e di tutti quelli che hanno figli.
E’ un tabù della nostra società, è come se nominassi la madre o la sorella di chiunque, ma per i bambini l’ira sarebbe ancora più violenta.
Per fortuna, la maggior parte dei bambini è effettivamente com’è descritta comunemente, ed è per ciò che abbiamo ancora un futuro.
Personalmente sono convintissimo, che con la volontà e tanto impegno, ognuno di noi, qualsiasi sia la sua storia e le qualità personali, possa modificarsi nel tempo.
Si può migliorare, però, nel carattere, nell’atteggiamento verso gli altri, nell’approccio alla vita, ma non nell’anima, nell’estrema essenza del proprio essere.
In definitiva, a mio avviso, se una persona nasce con una pessima indole, per quanto si sforzi, alla fine, questa uscirà, specialmente nei momenti decisivi, anche se fosse riuscita, ma è poco probabile, a nasconderla per tutta la vita.
Resto dell’idea, pur non essendo uno psicanalista, che qualcuno sa leggere dentro di loro molto bene e che, se anche non li capisce, li intuisce... anche a prima vista.
Per correttezza, è giusto dire che bisognerebbe essere comunque molto prudenti prima di giudicare perché le sorprese sono sempre in agguato.
Per la morale cattolica, non dovrebbe neanche essere lecito, essendo questa materia divina, ma, non mi sembrerebbe umano e se Dio ci ha creati così, per chi ci crede, ci sarà pure una ragione.
Sicuramente, per ciò che mi riguarda, pur non essendo indubbiamente un santo, credo di essere capace di comprendere, di dimenticare e anche di perdonare, qualche volta.
Non desidero però privarmi della possibilità di giudicare il mio prossimo e i loro comportamenti e sono convinto, che sia una prerogativa giusta e legittima.
Se mi privassi di questa possibilità e capacità, e, secondo me, questo vale per tutti, ne verrebbe fuori, convenzionalmente, un mondo piatto, fatto di gente, pressappoco giudicata tutta uguale.
Tutti cloni dell’immagine più rassicurante, tutti capaci di trovare scusanti e giustificazioni per gli altri, che poi sarebbero le medesime che, all’occorrenza servirebbero per noi stessi.
Saremmo tutta brava gente, per bene e priva di colpe……….EVVIVA.

 


mercoledì 22 dicembre 2010

SALENTO

SALENTO
La speranza. 
          
37 anni di matrimonio.
Una vacanza arrivata tardi quando eravamo troppo stanchi fisicamente e psicologicamente.
L’illusione che 10 giorni bastassero a liberarmi dai troppi problemi fisici ed in parte anche psicologici che mi attanagliano da troppo tempo. Mi avviluppano,mi stringono,mi opprimono. Io cerco di liberarmi ma loro non mi lasciano.
Il mare trasparente, pieno di colori, di difficile accesso, alcune volte irraggiungibile, come una splendida signora che per difendere la propria virtù si è protetta con corazze e cinture di castità, piene di punte di lancia, di percorsi impervi, cosparsi di trabocchetti e di sentieri scoscesi. Che, però, quando alla fine ti si concede, ti da una gioia infinita.
Le sue grotte piene di mistero, con un sapore antico, con forme che richiamano alla preistoria,con luci ed ombre, con colori vivissimi, irreali e introvabili in piena luce.
I suoi scogli puntuti, scomodi, scostanti,che neanche secoli di intemperie, di mareggiate e di vento, sono riusciti ad arrotondare a smussare, a rendere piacevoli al tatto.
Sapore di oriente, di moschee e di muezzin, misto a costruzioni recenti, una parte non finite, dall’architettura, se così si può chiamare, troppo scontata, profanatrice dell’incanto dei luoghi.
Tante albe e nessun tramonto. Un perenne inizio.
Un’intera famigliola che pesca ricci, li apre e li mangia in riva al mare. Ritorno a vent’anni.
Chilometri e chilometri di ulivi,maturi,grandi alti,orgogliosi,dalle forme contorte e armoniche,per nulla violati o intimoriti dal vento.
Le giovani fanciulle e anche meno giovani, che offrono per le strade le loro generose rotondità e la loro morbidezza, senza orgoglio e senza timidezze. Sapore di anni sessanta.
Due adolescenti in riva al mare, che si abbracciano. Lei gli spreme i punti neri sulle spalle, lui finge disappunto, ma dai suoi occhi non traspare; poi si baciano ed hanno entrambi un’espressione felice che chissà se riavranno ancora almeno in quel modo.Sarebbe miracoloso fermare quell’attimo e poterglielo far rivedere tra venti anni.
Ci rivedremo tra due mesi e sarai mia, te lo giuro. Voglio possederti ed introdurmi in tutti i tuoi luoghi più belli e più nascosti e sarà così, perché è pur vero che la novità è stuzzicante e stimola la fantasia, ma un po’ di conoscenza, spesso migliora i rapporti ed evita le mosse affrettate.