LE MOLTE VITE DI UN UOMO
- Mica le ho detto che la guarivo!! Disse il dottore. Queste malattie non guariscono.
- Veramente lei non ha detto proprio niente. In genere, si distingue per l’accuratezza che mette nell’evitare di dare prognosi di qualsiasi genere. Posso capire che il motivo principale sia l’imprevedibilità della malattia, ma mi sembra che un tipo di prudenza così, sia esagerata.
- Non ci sono due carcinomi che reagiscono allo stesso modo e neanche due pazienti uguali con i quali si possa fare un minimo di statistica.
- Me ne rendo conto, ma quando le dissi che la cura ormonale non poteva essere considerata tale e che, secondo me, appena l’avessimo sospesa, il cancro sarebbe ricominciato a crescere, che si trattava di un palliativo, perché lei me l’ha negato?
- Intanto bisognerebbe mettersi d’accordo sui termini e non dimenticare che, sino ad ora, quella cura le ha salvato la vita.
- A proposito di termini bisognerebbe capirsi su cosa s’intende per vita. Quella che vivo adesso è appena accettabile, ricominciando la cura ormonale oltretutto completa, (pastiglie e iniezioni), sicuramente per me, non è neanche proponibile.
- Io sono un medico e affronto la malattia nei suoi sviluppi man mano che si manifestano, questo è il mio lavoro e anche il mio dovere. Se lei ritiene di non poter accettare una cura è libero di farlo, la vita è sua, io posso solo chiarire che se non la fa, starà male, sempre più male e in questo caso mi posso sbilanciare con una prognosi infausta entro poco tempo.
- Insomma di miracoli neanche se ne può parlare? Magari smetto tutte le cure, non solo quelle del cancro e di colpo mi passa tutto.
- Io non ci conterei, se fossi in lei.
- Ok, proviamo anche questa, almeno per un po’ e vediamo che succede. Alla prossima, dottore e grazie.
- Arrivederla.
Questa è la mia attuale situazione, ma senza abbattersi perché chissà quanti altri stanno anche peggio di così.
La descrizione del colloquio con il medico oncologo e ce ne sarebbero stati anche altri più o meno dello stesso tenore con variazioni dovute solo al carattere delle persone, non ha certamente lo scopo di intristire un eventuale lettore né di cercare conforto o addirittura compassione.
La cosa non m’interessa e non ne sento il bisogno.
A mio avviso, l’argomento da discutere è fino a che punto sia giusto prolungare le cure, se queste, pur allungandoti la vita, te la rendono insopportabile.
Naturalmente si tratta di un ragionamento talmente soggettivo che è quasi impossibile parlarne in generale, anche se, sene è già discusso anche troppo, in televisione e sugli organi di stampa.
In queste discussioni, spesso non si tiene conto che con il passare del tempo si può anche cambiare idea e accettare cose che sino a quel momento ritenevi neanche proponibili.
Perciò incomincerò a chiarire cosa per me sia insopportabile, almeno in questo momento.
Per comprendere meglio bisogna che spieghi che sino a quattro anni fa ero in perfetta efficienza, totalmente indipendente, lavoravo almeno dodici ore il giorno, fisicamente mi sentivo e, soprattutto, ero efficientissimo in tutti i campi.
Ora devo calcolare qualsiasi mossa faccio, e se con la volontà ne compio di più, mi sento talmente stremato, che crollo in un sonno simile a un coma e devo stare almeno un giorno a casa a riposo. Ho problemi di deambulazione, anche se posso camminare per piccoli tratti ma sempre con una grande attenzione a non cadere perché, per me, perdere l’equilibrio è diventata la normalità.
La sensazione di debolezza generale, un’astenia grave che mi accompagna tutto il giorno e tutti i giorni, è cosa pesante da sopportare per chi era autonomo come me e soprattutto si sentiva forte e invincibile.
Mi sono privato consapevolmente dei piaceri del sesso, che forse per qualche mio coetaneo non sarà una cosa tanto grave, ma per me che ne godevo abbondantemente, prima di ammalarmi, è una mancanza dolorosa.
Tanto più traumatica perché non ha avuto la buona cortesia di privarmi, nello stesso tempo, anche del desiderio, che rimane, ma non può essere soddisfatto.
Qualsiasi movimento anche il più naturale come ad esempio: entrare e uscire dalla macchina, fare la doccia, infilarmi le scarpe e le calze, vestirmi e spogliarmi, richiedono ora uno sforzo notevole e spesso anche un aiuto.
Trascurerei il discorso dolori perché per quelli dovrei aprire un argomento a parte, posso solo dire che sono tanti e non mi lasciano mai, neanche la notte.
Non sono in grado di portare alcun peso, pena qualche incidente, come quando su un treno sono andato a tirare giù una valigia dal contenitore in alto e non avendo potuto tenerla, per poco non l’ho fatta finire in testa a una passeggera.
La prima volta che mi è successo vi assicuro che sarei sprofondato, mi sarei nascosto per la vergogna e la conseguenza è che adesso quando c’è da portare pesi lo fa mia moglie e sembriamo il gentiluomo con la schiava dietro.
So benissimo che non c’è da vergognarsi di una cosa del genere, che non è colpa mia se sono malato, ma la cosa mi disturba moltissimo ugualmente.
Per ora, a parte qualche piccola mancanza di memoria, ancora il cervello funziona, o non starei qui a parlarne, ma avrei già preso qualche provvedimento.
Tanto per chiarire, come provvedimento non prevedo né penso che considererò mai il suicidio che oltre a non piacermi, trovo poco……”coraggioso” e per niente dignitoso, ma ci sono molti modi per accelerare il decorso di una malattia e lasciare che il destino percorra la sua strada, così vedrò, anche se i medici avevano veramente ragione.
Descritti i più importanti, per me, lati negativi, ce ne sono altrettanti che giustificano il continuare a lottare e l’accettare anche le privazioni.
Anche in queste condizioni si riescono ad avere interessi molto soddisfacenti e, penso, anche in condizioni peggiori.
Se si ha poi la fortuna di non vivere soli, le persone che ti amano non sono solo un conforto, sono anche una responsabilità e quando sono giuste, un piacere che allevia di molto la situazione.
Con mia moglie non abbiamo mai scherzato come da quando sto male, un po’ perché abbiamo più tempo ma anche perché ci viene spontaneo, almeno per me è così.
Insomma la situazione non è così disperata come si potrebbe pensare nei riguardi di una persona che ha un brutto cancro curato in tutti i modi, ma ugualmente metastatizzato.
Due sono le cose o le medicine che prendo mi stanno facendo rincoglionire, oppure mi succede una cosa insospettabile: non ricordo in tutta la mia vita di aver avuto un periodo di allegria e serenità così lungo, come da quando sto male.
Neanche lo so spiegare razionalmente, salvo, ma ne dubito fortemente, che sia una reazione inconscia per esorcizzare e combattere la malattia.
Forse è il cambiamento di vita, l’eliminazione dei continui contrasti e soprattutto delusioni sul lavoro, l’avere più tempo da dedicare a me e alla mia famiglia che per quaranta anni è stato minimo.
Le delusioni sul lavoro non riguardavano la parte economica ma quella morale e interpersonale e spesso erano veramente dure da digerire.
Ora ho il cancro, ma quelle non ce l’ho più, se non piccoli strascichi che ancora non si sono conclusi definitivamente.
Non saprei dire in tutta sincerità quale dei due sia peggiore. Sembra assurdo ma io la penso esattamente così.
Dare meno importanza a cose che in precedenza seguivo appassionatamente, come lo sport e la politica. Se si tratta di un bene o un male, non mi è ancora chiaro, so che cosi, per ora, mi sento più sereno.
Avere notevolmente aumentato la mia capacità di sopportazione per le cose importanti che però mi disturbano, tipo difficoltà caratteriali o di comportamento di chi mi sta vicino, ma nello steso tempo diminuito la voglia di accettare quelle futili, come certi momenti televisivi o giornalistici o certi comportamenti di figure pubbliche, che prima bene o male accettavo come un male inevitabile.
Ora preferisco rischiare la disinformazione, ammesso che sia possibile, che sopportare certe pubblicità, certe trasmissioni o certi talk show.
La qualità è a mio modesto avviso, scaduta a livelli inaccettabili, almeno, così sembra a me.
Penso che trovare qualcuno in buona fede che dice veramente quello che pensa e non quello che i telespettatori si aspettano da lui, per il quale, di solito, è stato chiamato a partecipare, dopo la morte del presidente Cossiga e di Funari, con le dovute notevoli differenze di qualità tra i due, sia cosa più unica che rara.
Detto questo, non voglio certo sostenere che beccandosi una bella malattia grave e raggiungendo la pace dei sensi in più di una percezione, si stia meglio.
Stavo benissimo anche prima, ero solo molto diverso, un adrenalinico che dormiva massimo cinque ore a notte, fumava almeno ottanta sigarette il giorno e non stava fermo un minuto, anche perché riteneva che il tempo non utilizzato, compreso quello del sonno, fosse perso.
Una fame di vita inesauribile, sempre però accompagnata dalla capacità di ironizzare e auto ironizzare che forse è l’unica cosa che ancora accomuna due persone così diverse, anche se non posso negare di essere sempre io.
Credo di aver vissuto più di una vita, in un tempo relativamente breve per i cambiamenti che ho voluto e anche subito di cui, quest’ultimo, è solo una piccola parte e non mi dispiace e, se devo credere alla sua affermazione, neanche a mia moglie, che ha avuto la sensazione, dice lei, di essersi sposata una sola volta ma con uomini molto diversi tra loro, pur mantenendo per quanto possibile lo stesso aspetto fisico.
Le molte vite di un uomo sono un gran dono, di Dio, per chi ci crede, ma io, pur credendoci, ritengo di essermelo fatto da solo questo gran regalo e compiango e mi dispiaccio per i molti anche in gamba che, magari non si sono presi il cancro, ma che, spesso, per colpe non loro, hanno vissuto una vita, forse anche lunga, ma sempre uguale e inconsapevolmente disperata nella sua involontaria monotonia.
Forse avrò il tempo per cambiare ancora alcune volte, chissà? Sempre in meglio naturalmente.