L’IMPEGNO E LA LEGGEREZZA
Preferirei essere come Giovanni Mosca e non come Italo Calvino, anche se so che i secondi sono stati tra i più grandi scrittori italiani del novecento, se non i più grandi in assoluto.
Sarebbe molto bello essere tenero e nello stesso tempo divertente, anche se so che non sarà molto facile.
Ricordo una frase in un vecchio film con James Stewart, “Harvey”, che diceva pressappoco: “Mia madre sosteneva che nella vita bisogna essere o molto intelligenti o molto amabili, io avrei preferito l’intelligenza, ma sono diventato amabile”.
Il grande attore lo affermava con uno sguardo di quiete e l’espressione felice di chi non può essere più turbato da nessun avvenimento, per brutto che possa essere e credo che nessun altro artista, in quell’occasione, sarebbe potuto essere tanto credibile e non ridicolo, come lui,
al punto che mi è rimasto impresso e che lo ricordo come oggi dopo una cinquantina d’anni.
Per tutta la vita mi sono fatto affascinare dall’intelligenza e, senza falsa modestia, non ho perso occasione per dimostrare di possederne in abbondanza e di saperla usare.
E’ una bella cosa, ma più passa il tempo, più m’invecchio, più aumentano i problemi e più mi rendo conto che, anche essendo molto importante, non è tutto, anzi spesso non è la parte decisiva della propria esistenza, quella che più contribuisce alla propria serenità e a quella delle persone care che ti siano vicine.
La mia personalissima opinione è che Guareschi o Mosca, almeno a giudicare dai loro scritti, avessero qualcosa che mancava agli altri due, la capacità di farsi capire e di divertire chiunque, di qualsiasi livello culturale fosse, soprattutto se si considera che, a mio avviso, è tutto da dimostrare che sul piano del capire in assoluto, fossero inferiori.
Per la verità su Calvino sarebbe giusto precisare che, per quanto riguarda il suo famoso trittico, non può essere usato quest’argomento, al contrario del resto della sua produzione, giacché i tre libri sono palesemente destinati a tutti e addirittura quando uscirono, furono considerati, molto superficialmente, letteratura per ragazzi, ma questo non cambia la sostanza di quello che cerco di esprimere.
Mi rendo conto che per gente più colta e più esperta di letteratura di me, quello che ho sostenuto sino ad ora costituirà un’eresia, addirittura una bestemmia, una blasfemia, considerando che i due autori tanto da me amati, sono normalmente considerati minori.
Non credo che lo siano, ma anche se lo fossero, si dovrà riconoscere loro il merito di aver allietato le ore di molta gente, che è, senza alcun dubbio, un grande titolo di merito.
Chi è che decide in assoluto sulla qualità? Che cosa è qualità?
Chi decide su quelli che decidono? Tanto per ripetere una frase abbondantemente inflazionata.
E’ più intelligente o utile De Sica o Visconti, Baricco o Benigni?
Siamo così sicuri che un’opinione di Ernesto Galli Della Loggia valga più di quella della prima persona che passa, a patto che questa sia bene informata?
E’ più importante o ha più valore quello che fa Moretti o Arbore?
Non so rispondere a questi quesiti o forse sì, ma se esprimessi il mio parere si tratterebbe di un’opinione personale che, oltretutto si è andata modificando nel tempo, perché con gli anni ho iniziato a dare importanza a cose sempre diverse.
Personale, come quella di un qualsiasi critico con tanto di attestati di competenza e di esperienza.
Il mio scopo non è di fare classifiche, anche perché sono convinto che servano a niente.
Vorrei solo ribadire che, più il mio tempo trascorre e posso assicurare che sta volando, più mi convinco che l’unica cosa che veramente conti nella vita è la capacità di diffondere delicatezza e allegria dopo averla raggiunta e digerita nel proprio intimo.